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1° maggio, Paolo Ferrero: «Etica di un credente è responsabilità dell’individuo verso gli altri e l’ambiente»

Per l'ex ministro, valdese: «E' necessario non solo lavorare ma soprattutto produrre merci che non siano distruttive, rischiose, dannose per il pianeta»

Valdese, a 18 anni operaio alla Fiat, Paolo Ferrero ha svolto vari incarichi di direzione politica nell’ambito della Fgei, della Fiom, della Cgil, di Democrazia proletaria e di Rifondazione comunista di cui è stato segretario nazionale. Ministro della Solidarietà sociale del secondo governo Prodi, è attualmente vicepresidente del Partito della sinistra europea. A lui abbiamo chiesto una riflessione sul senso, ai tempi della pandemia, della Festa dei lavoratori.

 Che primo maggio sarà, senza cortei, manifestazioni, piazze?

«Un primo maggio stranissimo. La festa dei lavoratori è innanzitutto un momento di incontro. Si potrebbe dire che il contenuto di classe del primo maggio consiste proprio nel fatto che i lavoratori e le lavoratrici si ritrovano insieme a festeggiare. Non a caso questa festa fu immediatamente abolita dal fascismo che, negando la divisione di classe della società in nome della struttura corporativa, non poteva accettare che i lavoratori e le lavoratrici festeggiassero “in quanto tali”. Cercheremo quindi di costruire, attraverso la partecipazione virtuale, forme di aggregazione sociale, sapendo che “non è per sempre…».

Come valuta le misure del governo sul fronte del lavoro, per i lavoratori, da quando è iniziata l’emergenza Covid19?

«Purtroppo molto subalterne alle richieste di Confindustria e quindi molto sbagliate. Nei primi giorni la gran quantità di settori individuati come indispensabili hanno permesso che quasi la metà delle imprese continuasse a lavorare. Successivamente le autocertificazioni dei datori di lavoro hanno fatto il resto e larghissima parte delle imprese sono oggi aperte senza che vi sia stata alcuna verifica concreta dello stato di salute di chi va a lavorare. I luoghi di lavoro e i mezzi di trasporto collettivi sono diventati focolai di infezione. Questa subalternità alle richieste delle aziende è stata decisiva nel produrre il disastro sanitario nelle provincie di Bergamo, Brescia, Cremona e rischia di fare ulteriori disastri nelle prossime settimane in tutto il Nord. All’ignavia del governo si è sommata quella delle regioni che nella maggioranza dei casi hanno fatto lavorare il personale sanitario senza indicazioni e protezioni. Questa vicenda ha segnalato come tanto lo schieramento governativo quanto quello di destra abbiano rincorso le richieste degli industriali senza esprimere una capacità di autonoma direzione politica».

Come si coniugano le proposte in materia di lavoro con l’etica protestante?

«Penso che il punto centrale dell’etica di un credente sia la responsabilità dell’individuo nei confronti delle altre persone e dell’ambiente in cui viviamo. Per questo è necessario non solo lavorare ma soprattutto produrre merci che non siano distruttive per il pianeta. Occorre usare le conquiste della tecnologia per lavorare meno tempo a produrre merci ed avere più tempo destinato alla cura delle relazioni con le altre persone, alla costruzione di legami comunitari, al proprio sviluppo fisico, intellettuale e morale. Perciò è necessario utilizzare il denaro pubblico per mettere in moto del lavoro che altrimenti resterebbe inutilizzato, per produrre le cose che ci servono, dalla sanità all’istruzione, alla tutela del territorio. Come diceva John Maynard Keynes, in una situazione di crisi occorre produrre quella domanda aggiuntiva da parte dello stato, in modo da permettere di utilizzare il lavoro di chi altrimenti resterebbe disoccupato. Come abbiamo detto negli anni scorsi, occorre operare per la pace, la giustizia e l’integrità del creato. Non solo la domenica in chiesa ma durante tutta la settimana».

Cliccando qui potetre leggere l'intervista integrale a cura dell'agenzia stampa Nev - Notizie evangeliche.

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