Vivere l’annuncio della Parola in varie modalità
02 marzo 2020
La fede non ha bisogno di forme abitudinarie per essere sostenuta e nutrita, ma di buone abitudini, sì
Emergenza virus. E anche le chiese, nelle Regioni che hanno adottato ordinanze di sospensione delle attività pubbliche, interrompono molte delle attività comunitarie. Indipendentemente dall’opinione che ciascuno di noi può avere sul merito del provvedimento – misura necessaria o esagerazione – siamo chiamati a confrontarci con la situazione che è venuta a crearsi. Sospendere il culto comunitario – mi limito a considerare questo aspetto – significa necessariamente sospendere il tempo e lo spazio che come chiesa dedichiamo all’incontro condiviso con la Parola che Dio ci rivolge? Almeno in parte, la domanda è retorica. Anche sulle pagine del nostro settimanale – sia nella versione cartacea sia in quella on line – sono apparsi commenti che hanno messo in evidenza come l’impossibilità di incontrarsi fisicamente per il culto domenicale non metta in questione la possibilità di incontro condiviso intorno alla Parola. Mentre scrivo queste righe una circolare della Tavola valdese che ha per oggetto «Fare comunità in tempo di Coronavirus» [pubblicato a p. 5 di Riforma settimanale e sul sito www.riforma.it con il titolo Coronavirus, la fede oltre la paura, ndr] raggiunge le chiese metodiste e valdesi. Il senso del messaggio è chiaro: le possibilità per continuare a condividere la Parola, anche nell’impossibilità di incontrarci, sono molte; e tali possibilità dovrebbero essere prese sul serio per superare un senso di paura che, a tratti, pare essere dilagante.
Quando questo articolo sarà pubblicato molti di noi avranno ascoltato – forse perché lo fanno abitualmente, forse come novità – il culto radio su Rai Radio 1, si saranno connessi in streaming per seguire il culto dalla chiesa valdese di Roma – piazza Cavour o, più semplicemente, avranno condiviso una meditazione biblica e delle preghiere preparate ad hoc per questa domenica e inviate via mail o via WhatsApp. E anche così, senza con ciò mettere in questione l’importanza del culto domenicale celebrato, certo in spirito e verità, ma anche in carne e ossa dai membri di chiesa, avranno condiviso l’ascolto della Parola di Dio. Ma se tutto è così chiaro e normale, perché parlarne tanto?
Vorrei provare a rispondere mettendo in luce due aspetti. Da un lato, credo che nelle nostre chiese si avverta l’esigenza di sottolineare che vivere in maniera comunitaria l’annuncio della Parola è non solo importante ma fondamentale rispetto al nostro essere chiesa. Condividere il culto non è la risposta a un bisogno individuale, bensì una dimensione strutturante del nostro essere credenti e, quindi, del nostro essere chiesa. Dall’altro, sebbene tutto sembri così “normale” nelle proposte di cui abbiamo parlato prima, evidentemente non lo è. Mi concentro sull’esempio del culto domestico, condiviso con le persone che sono la nostra famiglia, magari nello stesso orario in cui si svolgerebbe il culto in chiesa o, come nel caso di questa domenica, allo stesso orario in cui altri fratelli e sorelle di chiesa si raccolgono in preghiera. Anche questa è condivisione dell’ascolto della Parola. Ma quanto spesso la pratichiamo?
Nel preparare le preghiere e la meditazione per i membri della chiesa in cui sono in servizio, mi sono servito di uno schema proposto per il culto in famiglia contenuto nel libro delle liturgie della Chiesa presbiteriana negli Stati Uniti. Una traccia semplice, che riprende gli elementi essenziali di un culto. Anche l’Innario cristiano può esserci d’aiuto, o il lezionario Un giorno una parola. Appunto, gli strumenti non mancano. Forse si tratta semplicemente di riprendere delle abitudini. La fede non ha bisogno di forme abitudinarie per essere sostenuta e nutrita, ma di buone abitudini, sì. E queste si dovrebbero serbare ed esercitare con o senza emergenza virus.