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Non temere!

Un giorno una parola – commento a Gioele 2, 21

Non temere, o terra del paese, gioisci, rallègrati, perché il SIGNORE ha fatto cose grandi!
Gioele 2, 21

Senza dubbio, grande è il mistero della pietà: Colui che è stato manifestato in carne, è stato giustificato nello Spirito, è apparso agli angeli, è stato predicato fra le nazioni, è stato creduto nel mondo, è stato elevato in gloria
I Timoteo 3, 16

“Non temere!” La paura è stata fedele compagna dell’uomo per tutto il corso della sua storia: terrore per una minaccia presente o imminente, angoscia per un pericolo probabile, inquietudine per la possibilità di qualche evento funesto, magari solo temuto. È vero, non possiamo prevedere tutto, controllare tutto o tener testa ad ogni eventualità; per quanto accorti, non possiamo evitare ogni male che ci attraversi il cammino. Per gestire o, almeno, contenere la paura, l’uomo ha elaborato rituali di parole e gesti in grado di orientare il corso degli eventi in modo a lui favorevole, ha confezionato oggetti con il potere di tener lontana la malasorte. La diffusa mentalità “razionalistica” non ha del tutto portato l’uomo a desistere dalle pratiche superstiziose, abbandonando l’illusione di poter, con gesti, parole oggetti magici, mettersi al sicuro dai colpi della sorte. “Non è vero, ma ci credo!”. In quanto cristiani nulla ci è risparmiato di ciò che può avvenire a chiunque in questa vita e su questa terra; eppure, e non in poche occasioni, ci vien rivolta l’esortazione, addirittura il comando, a non temere. Non è un banale incoraggiamento a farci forza, l’esortazione a non temere è motivata e sostanziata dalla consapevolezza della potenza di Dio e dall’esperienza, personale ed ereditata da chi ci ha preceduto nella fede, che Dio ha fatto e, quindi, può fare e fa cose grandi. Se ci fidiamo di Dio e a Dio ci affidiamo, avremo la consapevolezza piena e profonda di essere nelle sue mani e non in balia di un destino capriccioso e spietato. È nell’onnipotenza benigna ed amorevole di Dio, che la nostra “onni-impotenza” trova il suo senso; nella nostra salutare debolezza trova il suo spazio per agire la potenza di Dio. Non sempre ci sarà, almeno qui ed ora, il lieto fine che ci piacerebbe; ma non tutto, lo sappiamo, si chiude qui ed ora, il nostro orizzonte è l’eternità, non il nulla. Dire “siamo nelle mani di Dio” non è espressione di una disperazione che diventa rassegnazione, ma l’autentica profonda consolazione che ci dà, come credenti, forza, coraggio e serenità in vita e morte. Amen!

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