Il valore del commiato dai propri discepoli
13 febbraio 2020
I discorsi finali del Buddha e i capitoli 13-17 di Giovanni
Nel Canone Pāli del buddismo di tradizione più antica, vi è un Sutra, un “discorso”, che tramanda le ultime parole e azioni di Siddhārta Gautama, ossia del Buddha, il “risvegliato”, vissuto in India, pare fra il 566 e il 486 a.C. La figura del Buddha, di origine nobile ma umiliatosi fino all’estremo per cercare nell’ascetismo la via della salvezza, infine trovata, e divenuto poi maestro per insegnarla a ogni essere senziente, ha esercitato un fascino profondo e durevole anche in Occidente, soprattutto da quando, a partire dal primo Ottocento, si diffusero le traduzioni dei testi del buddhismo antico. Una figura, quella di Siddhārta, che ha influenzato persino il modo d’intendere la figura di Gesù Cristo, facendola talvolta assimilare a quella di un asceta che insegna la via della salvezza più che non a quella del figlio di Dio che “è” questa via e la apre gratuitamente a un’umanità che ne è del tutto esclusa.
Giampiero Comolli – valdese ed esperto cultore di spiritualità di varie tradizioni, non solo cristiane – con il suo recente libro*, offre un’occasione accessibilissima e originale per accostarsi alla conoscenza del buddhismo, a partire da un retroterra cristiano. Ma forse ancor più offre a chi legge la possibilità di affrontare, insieme all’autore, un’esperienza personale e profonda di confronto con le due grandi e grandemente diverse, ma non per forza avverse, spiritualità.
Il libro di Comolli mette in parallelo due particolari testi, il Mahāparinibbānasuttanta, Grande discorso del nibbāna definitivo, ossia il Sutra che riporta i discorsi di commiato del Buddha prima della sua definitiva estinzione, e i capitoli 13-17 del Vangelo di Giovanni, cioè i discorsi di commiato di Gesù. Ed è proprio l’atmosfera tangibilmente malinconica delle due situazioni a fungere nel libro da principale trait d’union fra i due testi.
Al di là della indubbia competenza dell’autore, colpisce l’aspetto “personale” del suo stile, un aspetto che, tanto nell’Introduzione quanto nella Conclusione, viene portato esplicitamente e volutamente in primo piano. Non è un libro principalmente espositivo, sistematico: è piuttosto un’avventura dell’anima alle prese con due figure e due tradizioni che entrambe le parlano, ciascuna in un linguaggio suo proprio ma a essa ben comprensibile. L’autore non nasconde le sue simpatie per questo o quell’aspetto dell’una e dell’altra dottrina: si percepisce la sua vissuta esperienza di entrambe. Tuttavia è molto attento nel riconoscere, accanto ad alcune importanti somiglianze, anche gli aspetti fra loro irriducibili delle due dottrine, che si rispecchiano nel carattere profondamente diverso delle due figure di fondatori: «Se dunque il Buddha si prodiga con serena e savia quiete per preservare dall’ingiustizia quell’armonia pacifica del Dhamma, che regge con giustizia il mondo [la Legge del mondo, rivelata dal Buddha], in modo simmetrico e inverso Gesù, non con calma ma con amore fino all’eccesso appassionato sacrifica se stesso, per salvare non solo ciascuno di noi, ma il mondo intero dall’ingiustizia che lo impregna» (p. 46).
Il parallelo fra i due “maestri” mediante il dialogo dell’autore con le loro parole riesce molto bene, coinvolgendo in pieno anche il lettore, perché tutto giocato sul piano personale, esistenziale. La continua oscillazione fra l’una e l’altra spiritualità si conclude con una maggiore empatia di Comolli per la figura di Gesù. Questo non è fin dall’inizio scontato: affiora come esito del suo serio confronto personale con le dottrine e le pratiche delle due religioni, come si percepisce dal libro stesso, nel profondo rispetto di entrambe. La distanza resta, senza soluzione. Le due spiritualità ci parlano entrambe: ci chiamano a una risposta, a una scelta, che può aver luogo solo sul piano personale.
* Giampiero Comolli, La malinconia meravigliosa. I discorsi di commiato del Buddha e di Gesù. Torino, Claudiana, 2019, pp. 236, euro 18,50.