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Eterni sono l’amore e il patto di Dio

Un giorno una parola – commento a Salmo 105, 8

Egli si ricorda per sempre del suo patto, della parola data da lui per mille generazioni
Salmo 105, 8

Gesù dice: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno»
Marco 13, 31

Il Salmo 105 si trova anche nel primo libro delle Cronache come espressione di lode durante l’introduzione dell’arca dell’alleanza nella città di Gerusalemme (1 Cr.16, 8-36). Dopo gli inviti alla lode (gioite, inneggiate, cantate, proclamate) compare l’imperativo “ricordatevi” (v. 5). Il salmista invita a ricordare le opere potenti che Dio ha compiuto. Si tratta di un ricordare che suscita ed esalta la corrispondenza fattiva all’amore di Dio.

Il versetto di oggi, infatti, è una chiara affermazione della fedeltà di Dio. La fedeltà è il fondamento di ogni relazione d’amore. L’intera storia del Popolo d’Israele raccontata nella Bibbia ebraica sembra suggerire tuttavia che il più delle volte la fedeltà di Dio è rimasta unilaterale. Ne parla il salmista nei versetti 8-18; in particolare il versetto 9 esprime chiaramente questo concetto: Egli non contesta in eterno, né serba la sua ira per sempre. Sono invece eterni il suo amore e il suo patto.

Nella prospettiva cristiana Gesù è la perfetta incarnazione di questo amore e di questo patto. In lui e per mezzo di lui Dio rivela che la sua fedeltà si estende all’umanità intera. Ma proprio in riferimento a Gesù è necessario riflettere profondamente sul verbo “ricordare”. In che maniera coltiviamo il suo ricordo? Sembra talvolta che il ricordo predominate sia quello direttamente paragonabile a qualunque altro personaggio della storia antica. In questo modo Gesù appare importante, affascinante, addirittura determinante per l’umanità. Spesso manca tuttavia l’aspetto relazionale; pronunciamo il nome di Gesù coniugando i verbi al passato. Il Risorto invece è presente in mezzo a noi e quindi sarebbe opportuno parlare di lui usando i tempi verbali del presente.

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