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Da Guglielmo d'Orange lo spunto per gli auguri per il 2020

«Non è necessario sperare per intraprendere né riuscire per perseverare»

Quando, alla fine degli anni ‘50, frequentavo il liceo classico di Pinerolo, la mia professoressa di lettere era Marcella Gay, bravissima insegnante, oltre che alpinista e staffetta partigiana. Fu anche la prima donna “non pastore” a essere eletta nella Tavola valdese. A scuola, Marcella Gay ci fece svolgere moltissimi temi, che correggeva con pazienza e consigli, a volte facendoli leggere dagli autori. A lei e a questo metodo rigoroso debbo l’aver imparato a scrivere senza “sbrodolare”, in modo breve e chiaro, dicendo l’essenziale.

Marcella Gay, nelle sue lezioni e anche in vari interventi sinodali, amava citare una celebre frase di Guglielmo d’Orange, detto “il Taciturno”, Statolder d’Olanda, leader del partito protestante in Europa contro la Spagna e il cattolicissimo Re sole, grande sostenitore dei valdesi nella preparazione del Rimpatrio, con armi e importanti aiuti finanziari anche da Inghilterra e Svizzera.

«Non è necessario sperare per intraprendere né riuscire per perseverare»: una frase che certamente si può riferire all’impresa apparentemente impossibile del ritorno dei valdesi nelle loro Valli, ma che può essere valida per incoraggiare altre imprese, assai più modeste, o progetti basati sul volontariato, che all’inizio, spesso, rasentano la follia. Si pensi, per esempio, alla costruzione di Agape nell’immediato dopoguerra, un edificio complesso, a 1500 mt. in montagna, fatto “a mano”, scalpellando le pietre trovate sul posto, da giovani provenienti da tutto il mondo! Impossibile, disse la chiesa. Ma Agape si fece ed è ancora lì.

Si pensi ancora (per restare alle “follie” di Tullio Vinay…) al Servizio cristiano di Riesi, che si oppone alla mafia nel suo territorio, e, un secolo prima, si pensi al colonnello Beckwith che lancia la sfida dell’evangelizzazione nell’Italia bigotta e clericale, dicendo ai valdesi «O sarete missionari o non sarete nulla».

E, per venire ai nostri anni, che dire dei “corridoi umanitari” realizzati dalla nostra modesta Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), insieme ai cattolici della Comunità di S. Egidio, esempio poi seguito da altre chiese e governi in Europa, perché ritenuti validi nel semplificare la venuta di immigrati che versano in situazioni veramente disperate?

La frase di Guglielmo d’Orange, imparata dalla mia professoressa, mi sembra, anche nel nostro piccolo, un incoraggiamento per programmare e avviare le varie attività nelle nostre chiese per il 2020, possibilmente evitando il solito tran-tran, il pessimismo e il “ma si è sempre fatto così”…

Sappiamo che l’opera delle nostre mani è poca cosa, perciò preghiamo il Signore di “renderla stabile”. E l’apostolo Paolo, nella lettera ai Romani, scrive: «Siate allegri nella speranza, pazienti nelle afflizioni, perseveranti nella preghiera».

 Vale la pena ricordarcelo iniziando il nuovo anno.

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