Morta Vera Michelin Salomon, partigiana della Resistenza
29 ottobre 2019
Di famiglia valdese divenuta poi componente dell'Esercito della Salvezza, Vera si spese poi tutta la vita per raccontare gli orrori della guerra
E’ morta ieri Vera Michelin Salomon, combattente della Resistenza romana nella II Guerra mondiale, deportata in Germania dalle SS, presidente onoraria dell’Aned, l’Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti. Instancabile nelle sue testimonianze nelle scuole e nelle iniziative legate alla memoria degli orrori nazifascisti, il cognome rivela una chiara origine legata alle valli valdesi del Piemonte. Il padre Giovanni era infatti valdese, e insieme alla moglie Elvezia Guarnoli, di famiglia invece cattolica, scelse di diventare ufficiale dell’Esercito della Salvezza: «Tutta la famiglia da parte di mia madre si convertì dal cattolicesimo all’Esercito della Salvezza. Mia nonna materna, analfabeta, imparò a leggere proprio per poter leggere autonomamente la Bibbia» raccontava Vera Michelin Salomon in una bella testimonianza video che è possibile visionare qui.
Nata nel 1923 a Carema (To), dopo aver soggiornato in varie città italiane a seguito dei genitori impegnati nella vita dell’Esercito della Salvezza, Vera si trasferisce da Milano a Roma nel 1941. Nel mentre, il 17 giugno 1940, il governo fascista decise lo scioglimento dell’Esercito della Salvezza e la requisizione dei beni dei fedeli salutisti, con un conseguente periodo di grande difficoltà economica. A Roma Vera si trasferisce dal cugino Paolo Buffa, altro cognome valdese. Infatti tale era la fede della famiglia Buffa, a Milano portieri dell’Albergo ricovero dell’Esercito della Salvezza. Sarà questo anche il primo mestiere di Paolo, però a Roma dove si era nel frattempo trasferito. Si diploma nel 1939 e si iscrive a Medicina. L’8 settembre ’43 è uno studente non lontano dalla laurea che da molti anni è venuto in contatto con gli ambienti antifascisti della capitale. Il 10 settembre parte per il sud del paese, Napoli in particolare, allo scopo di partecipare, agli ordini delle Special Force britanniche, alla formazione di corpi volontari antifascisti in compagnia di Paolo Petrucci e Giaime Pintor, fratello di Luigi, fra i fondatori nel 1969 del giornale Il Manifesto. Giaime Pintor troverà la morte saltando su una mina proprio nel tentativo di rientrare a Roma allo scopo di organizzare la resistenza in città.
Buffa assume la nuova identità di Paul Barton, tenente della Special Force. Rientrato a Roma Buffa viene presto arrestato con Petrucci a casa delle due giovani antifasciste, Enrica Filippini Lera, fidanzata di Petrucci, e per l’appunto Vera Michelin Salomon, entrambe a loro volte già in contatto con l’ambiente antifascista romano. Erano tutte e due impegnate in particolare in attività di volantinaggio, distribuzione stampa clandestina e nel coordinare e organizzare le lotte degli studenti.
Il 14 febbraio 1944 le SS fecero irruzione nell’appartamento abitato dalle due donne, arrestando oltre a loro anche Buffa, Petrucci e Cornelio, il fratello di Vera. Finiscono tutti nella tremenda caserma SS di via Tasso per poi venire incarcerati a Regina Coeli. Il processo si aprì il 22 marzo. Il ruolo di agenti britannici di Buffa e Petrucci era ignoto al momento ai nazifascisti, e il suo svelamento avrebbe significato morte certa. Per questo motivo Vera e Enrica si addossarono l’intera colpa di aver organizzato e distribuito manifesti, volantini e svolto attività eversive, e vennero condannate a tre anni di carcere duro in Germania, mentre i tre uomini furono dichiarati liberi per mancanza di prove, ma trattenuti ancora alcuni giorni in carcere. Per Petrucci sarà il tragico incontro con il destino. Due giorni dopo, il 24 marzo verrà infatti prelevato a caso insieme ad altri 334 civili, militari, prigionieri politici, ebrei o detenuti comuni e condotto alle Fosse Ardeatine per finire trucidati, in risposta all’attentato partigiano del giorno innanzi in via Rasella,costato la vita a 33 soldati tedeschi. Buffa-Barton torna libero e nel 1945 viene inviato a Nizza in Costa Azzurra come ufficiale di collegamento con la brigata partigiana “Carlo Rosselli” di Nuto Revelli. Da lì partirà per la liberazione delle valli Maira e Varaita nel cuneese. Il 6 maggio la missione finisce ufficialmente e il giorno seguente Buffa parte per la Germania alla ricerca di Enrica e della cugina Vera.
Le due erano finite nel mentre a Monaco di Baviera prima e poi al carcere di Aichach. Furono mesi duri, fino alla liberazione ottenuta per mano degli americani il 29 aprile 1945. Intanto Paolo Buffa giunse in auto dall’Italia e riportò le due donne in Italia, dove sposò infine Enrica. Vera Michelin Salomon spenderà il resto della vita a raccontare alle nuove generazioni gli orrori e le assurdità della guerra.