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La potenza benigna del Signore

Un giorno una parola – commento a II Cronache 14, 10

Signore, per te non c’è differenza tra il dare soccorso a chi è in gran numero, e il darlo a chi è senza forza; soccorrici, Signore nostro Dio! Poiché su di te noi ci appoggiamo
II Cronache 14, 10

Paolo scrive: «Molto volentieri mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me»
II Corinzi 12, 9

Sovrani arroganti e incapaci, in giro per mondo, ce ne sono sempre stati: anche nella storia del regno di Giuda, come sappiamo, non ne mancarono; perciò, quando nei libri delle Cronache s’incontra un Re che, come Asa, «fece ciò che è buono e retto agli occhi del Signore» (II Cr. 14, 1), bisogna sottolinearne il nome tre volte e mettere un segnalibro nella pagina.

Approfittando di un periodo di pace, Asa costruì città fortificate e consolidò l’Esercito (Si vis pacempara bellum, diceva qualcuno che di guerre se n’intendeva…); il meno che si possa dire, quindi, è che fu un governante accorto; e se ci accostiamo a questo testo da credenti, anziché da storici, i motivi di ammirazione aumentano.

La pace così fruttuosamente impiegata, era considerata dal Re un dono di Dio: «Il paese è ancora a nostra disposizione, perché abbiamo cercato il Signore, il nostro Dio; noi l’abbiamo cercato, ed egli ci ha dato pace lungo i nostri confini» (II Cr. 14, 6); ma l’aver «cercato l’Eterno», non aveva comportato “soltanto” l’osservanza della Legge, il culto e l’adorazione; aveva significato anche intraprendere azioni concrete e decise contro l’idolatria: «Tolse via gli altari degli dèi stranieri, e gli alti luoghi; spezzò le statue, abbatté gli idoli di Astarte» (II Cr. 14, 2).

In questo quadretto idilliaco, però, d’improvviso comparve un problema, un grosso problema: «Zera, l’Etiope, marciò contro di loro con un esercito di un milione d’uomini e trecento carri» (II Cr. 14, 8); Asa si rivolse al Signore perché lo aiutasse, giacché la minaccia che doveva affrontare era impressionate: l’esercito invasore era almeno il doppio del suo; ma la sua preghiera non fu quella disperata di chi, non sapendo dove sbattere la testa, si butta sulla religione; Asa sapeva in chi credeva: sapeva che il Signore può sostenere “Davide contro Golia” – e su questa certezza, su questo Dio, si appoggiò.

L’antico sovrano era consapevole della propria situazione d’inferiorità e sapeva che il merito di quella vittoria era tutto del Signore; la sproporzione fra le forze in campo rendeva ancora più evidente e degno di lode l’intervento a suo favore dell’Eterno. Quando siamo deboli, avvertiamo in modo pieno la potenza benigna del Signore; quando siamo inermi, e possiamo contare soltanto su di Lui, proprio allora siamo forti: perché non siamo noi che agiamo, ma è Dio che opera per noi.

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