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Vita, libertà: quali limitazioni?

Interrogativi a partire dal libro di Paolo Flores d'Arcais

Non si vede che cosa ci sia di male a ottenere dal proprio medico di abbreviare la vita divenuta insopportabile, tenuto conto di certe condizioni: ma questo in Italia è proibito. Flores d’Arcais si batte perciò (con altri) perché ciò divenga lecito, sempre tenuto conto di certe condizioni da salvare. Flores d’Arcais tratta in fondo di un punto solo attraverso una serie di capitoli intitolati: Logicamente, Esistenzialmente, Filosoficamente, Giuridicamente, Cattolicamente

Il punto su cui l’autore svolge le sue argomentazioni e sollecita il nostro consenso è semplicemente quello del potere. Con la scusa di attorniare la persona di premure, aiuti, attenzioni di vario tipo, le si toglie il semplice diritto di decidere essa stessa che cosa fare. E con questa scusa molti altri gruppi, fatti da politici, filosofi, teologi e medici stessi, in fondo mirano a una cosa soltanto: conservare un potere sulla persona, sottomettere la persona, il suo diritto, la sua libertà, a «altre» considerazioni; considerazioni e obblighi che, presentandosi piene di buone intenzioni, o come nuvole che scendono dal cielo sulla terra, alla fine impediscono che il soggetto decida sul da farsi. 

Sulla intera questione non vogliamo qui dilungarci per ragioni di spazio. Nel merito esistono documenti delle chiese protestanti europee e italiane, di cui a suo tempo si è dato notizia. Tuttavia, anche noi vogliamo ora rilevare un punto solo, teologicamente importante: la persona, l’essere umano, è costitutivamente nata sotto la libertà o come pedina di un gioco sempre più grande di lei? Alla sorgente della personalità sta un primitivo senso di libertà o un primitivo senso di dovere e di obbligo? Ci pare che un modo corretto di argomentare sia quello che discende dalla libertà verso eventuali limitazioni, fatte però solo in omaggio a criteri orizzontali e non verticali – e non invece quello fatto a partire da considerazioni autoritarie, desunte da pretese metafisiche o pseudo-teologiche. Se ciò è da tutti condiviso, allora non sarà impossibile trovare una soluzione come avviene già in altri paesi europei. Altrimenti saremo nei guai. 

Flores d’Arcais ha ragione, secondo noi di ricordarci un problema che oggi si presenta sotto diversi aspetti. Le adunate oceaniche e i richiami a argomenti (pseudo)metafisici hanno in comune il fatto di sottoporre la persona a delle categorie collettive e così imporre ai singoli obblighi e divieti non in funzione di libertà da garantire, ma in funzione del potere di categorie religiose, politiche o professionali, considerate più importanti rispetto alla persona e alle sue libertà personali. Ciò accade spesso con sotterfugi retorici, sleali, con mezze verità ecc.: dobbiamo tenere gli occhi bene aperti. In Europa ora di questo si dibatte. L’operetta che presentiamo non ha torto di trattarne sotto l’aspetto dell’eutanasia. Le siamo grati per questo. 

Forse faremo qualche piccolo rilievo. Per esempio, l’autore non fa interamente giustizia a Kant. Kant resta pur sempre il filosofo che sottolinea un rapporto molto civile tra libertà e obbligo, nel senso che, con tutta la sua enfasi sul «dovere», l’obbligo viene comunque a limitare la libertà solo su un piano molto contingente. In secondo luogo, ma va da sé, non esiste soltanto il Cattolicesimo che rappresenti il Cristianesimo, ma anche altre Chiese, per tacere di Ebraismo e altre Religioni, meno considerate in questo libretto. In tali ambienti si sono aperti da tempo dibattiti su temi etici in qualche modo riconducibili al nodo indicato dall’autore. 

* Paolo Flores d’Arcais, Questione di vita o di morte. Torino, Einaudi, 2019, Collana «Vele» n. 152, p. 124, euro 12,00.

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