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Carola Rackete è libera, ma il caso non è chiuso

Niente “resistenza e violenza a nave da guerra” per la comandante della Sea Watch 3, ma il 9 luglio sarà chiamata a testimoniare per il filone di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

Carola Rackete, la comandante della nave Sea Watch 3, è libera. Il suo arresto, infatti, non è stato convalidato dal giudice per le indagini preliminari di Agrigento, Alessandra Vella.

Rackete, che nella notte fra venerdì e sabato aveva condotto la nave Sea Watch 3 al porto di Lampedusa e fatto sbarcare i 40 richiedenti asilo che erano a bordo da circa due settimane, era stata arrestata al termine delle operazioni e accusata da un lato di “resistenza e violenza a nave da guerra”, mentre secondo un altro filone d’inchiesta la comandante dovrà rispondere alle accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, una sorte toccata a molti equipaggi prima del suo.

Secondo le motivazioni della decisione, la giudice Vella ha escluso il primo reato, non applicabile né contestabile perché l’azione è avvenuta durante “l’adempimento di un dovere”, quello di portare al sicuro il prima possibile le persone soccorse in mare, come prevedono le norme del diritto del mare. Nel frattempo, rimane in piedi l’inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, motivo per cui Carola Rackete dovrà, salvo differenti indicazioni, tornare ad Agrigento il 9 luglio per essere interrogata.

Secondo Gianfranco Schiavone, vicepresidente di Asgi – Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, il caso Sea Watch «è un caso di scuola più sul piano politico che giuridico, perché è in atto un gigantesco effetto mediatico di rimozione dei principali problemi: per esmpio, non si sente più parlare dello svolgimento dei fatti relativi ai migranti che sono sbarcati, neanche sappiamo se sono stati veramente ricollocati in altri Paesi oppure no. Il dibattito avrebbe dovuto continuare su temi quali i soccorsi in mare, il fatto che la barca, la Sea Watch, sia stata bloccata in mare per 14 giorni, le condizioni delle persone che sono arrivate, la situazione da cui fuggivano. Questi sono i grandi temi attorno ai quali una vicenda di questo tipo si sarebbe dovuta sviluppare, invece sta prendendo una piega ossessiva».

Nelle tredici pagine del provvedimento, la giudice Valla spiega che «una nave che soccorre migranti non può essere giudicata offensiva per la sicurezza nazionale e il comandante di quella nave ha l'obbligo di portare in salvo le persone soccorse». Di conseguenza, l’espulsione promessa dal ministro dell’Interno Salvini sembra improbabile. Nonostante questo, il caso Sea Watch potrebbe rappresentare la prima applicazione concreta del “decreto sicurezza bis” nell’ambito dei salvataggi in mare. Per Schiavone, «si rischia la confisca amministrativa della nave e l'applicazione della sanzione pecuniaria. Credo che questo avverrà: se non dovesse avvenire sarebbe molto curioso, perché vorrebbe dire che il governo in qualche modo teme che questo tipo provvedimento venga impugnato e che si apra una fase addizionale parallela di valutazione della legittimità di questa specifica decisione e poi forse anche in relazione a rettificare l'effetto sicurezza bis».

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