Vent’anni di moneta unica tra pulsioni nazionalistiche e scenari globali
13 giugno 2019
Cosa sta succedendo all’economia del nostro continente? E quali sono, invece, i problemi caratteristici del nostro paese?
Vent’anni e non sentirli! Perché basterebbe far mente locale sugli accadimenti di questi ultimi 20 anni per comprendere appieno il valore incommensurabile di un’unica moneta europea che ha permesso anche ai mercati finanziari italiani, precedentemente espressi in lire italiane, di fare un vero e proprio salto di qualità con la nascita di un importante mercato obbligazionario delle corporates e istituzioni finanziarie, a fianco di quello dei Titoli di Stato, spinto anche dal traino sulla capitalizzazione azionaria innescato da flussi importanti di investimento internazionali. Per non parlare dell’impianto normativo europeo che ha supportato lo sviluppo di un capitalismo aziendale e lo stesso sviluppo industriale del nostro Paese tra privatizzazioni e spinta all’internazionalizzazione.
Indubbiamente la crisi bancaria del periodo 2011-2013 seguita alla crisi globale dei mutui subprime ha colpito duramente il sistema bancario europeo e visto il completamento di una nuova architettura finanziaria più solida e resistente con al centro l’euro e gli organismi comunitari tutti nello sforzo di riequilibrare situazioni che, come in Spagna e Grecia, hanno richiesto interventi straordinari quanto necessari. Ma al contempo ha lasciato spazio a crescenti nazionalismi che hanno raccolto lo scontento e i ritardi con i quali l’impianto europeo si è mosso rispetto a una realtà politica messa a dura prova dalle ondate migratorie senza una risposta coesa ed efficace.
Ora a vent’anni dall’avvento di una moneta unica europea e nonostante il 60% del Pil mondiale sia prodotto da economie che scambiano prevalentemente in dollari Usa, l’euro sta rafforzando il suo ruolo nelle riserve internazionali come negli scambi commerciali, anche a scapito di una sterlina inglese che con l’avvio della “saga” della Brexit si trova a un bivio storico e con uno scenario politico compromesso da due premier conservatori che hanno deluso, compromettendo anche il consenso verso una soluzione ottimale per un recupero del terreno perso dalla valuta britannica. Alcuni fenomeni poi come quello della de-dollarizzazione delle riserve russe verso oro, yuan ed euro sono sicuramente un segnale del ruolo assunto dall’euro anche nella sua valenza geopolitica, e non deve stupirci una così drastica decisione per la diversificazione del portafoglio di investimenti. Così gli equilibri nelle valute e il paniere globale delle riserve internazionali non solo vedono consolidarsi il ruolo dell’euro come seconda divisa dopo il dollaro Usa ma ne vedono il ruolo direttamente correlato alle manovre sanzionatorie americane nei confronti di Russia come dell’Iran, della Nord Corea per non parlare della guerra dei dazi contro la Cina.
A oggi l’Italia ha un interscambio estremamente integrato con l’Unione Europea ma purtroppo la scarsa crescita è stata zavorrata, (non certo dall’euro!) da evidenti ritardi nell’innovazione tecnologica e in una maggiore apertura sui mercati globali. Restano quindi crescenti le attese per un completamento dell’Unione bancaria europea e soprattutto per una definizione di tappe definite per l’Unione dei Capitali e di Bilancio. Un terreno sul quale certamente l’Italia potrebbe giocare un importante ruolo costruttivo ma solo a patto di una netta dimostrazione di impegno fattivo sulle riforme strutturali e sulla riduzione del debito pubblico come recentemente dimostrato da altri Paesi come il Portogallo. Recentemente il Governatore della Banca d’Italia ha invocato un “Fondo europeo” che, come il Fondo monetario internazionale, guidato dagli Usa, potrebbe sostenere gli sforzi degli Stati membri per ridurre il loro debito in vista di un Bilancio unico europeo volto alla stabilizzazione macroeconomica. Ma le recenti istanze politiche sovraniste non aiutano l’Italia a trovare forti ancoraggi per uscire dalla doppia recessione che l’ha colpita e da una situazione dove servizi pubblici scarsi e mancanza nel rispetto delle regole, anche europee, sfavoriranno la ripresa produttiva ed economica.
Partecipare a questo festeggiamento dei 20 anni dell’euro è nostro impegno e dovere con un senso di responsabilità che richiede risposte chiare alle nuove sfide globali: una nuova fase della globalizzazione incentrata sui 17 obiettivi globali dell’Agenda 2030, l’innovazione tecnologica che favorisce l’integrazione ulteriore dei mercati finanziari, e i cambiamenti geopolitici determinati dai flussi migratori. Condividere le responsabilità del completamento dell’UE è l’unica strada percorribile per garantire all’Italia una svolta di crescita per le generazioni future.