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Caro lei, quando c’era Lui…

Alcune pubblicazioni per non perdere il filo della storia, terzo appuntamento: Sul rigurgito nostalgico per luoghi comuni

Terzo appuntamento con la serie di pubblicazioni utili a non perdere il filo della storia. Dopo il primo articolo a cura di Sergio Ronchi e dopo la recensione di Eliana Bouchard al volume di Giuliano Bascetto, Cognomi valdesi nel casellario politico centrale, oggi è il turno della recensione dell’ultimo libro di Francesco Filippi che svela «le idiozie che continuano a circolare sul fascismo».

 

«Il fascismo in Italia è una catastrofe, è un’indicazione di infanzia decisiva, perché segna il trionfo […] dell’entusiasmo. Si può ragionare del ministero Mussolini: come di un fatto di ordinaria amministrazione. Ma il fascismo è stato qualcosa di più: è stato l’autobiografia della nazione». Così Piero Gobetti. Secondo altri, invece, «Mussolini [era] un ragazzo che ci sapeva fare, voleva ripristinare un po’ d’ ordine [in] un paese senza guida, ingovernabile, in miseria, senza prospettive. In quel marasma Benito seppe muoversi con notevole abilità». Così Vittorio Feltri. E la memoria, il presente del passato? Interrata «dalle idiozie che continuano a circolare sul fascismo». È il sottotitolo dell’ultima fatica storico-archivistica di Francesco Filippi, Mussolini ha fatto anche cose buone*.

  Lo Stivale d’Europa ha le suole consumate da quel vetusto «inquinamento morale» della sua vita politica di cui parlava Ferruccio Parri nel lontano 1972 in quel clima di violenza politica. Un inquinamento incarnato, oggi, dall’accentuarsi di “sdoganamenti” fatti di silenzi, “ridimensionamenti”, revisionismi con tutto quel che essi veicolano colpendo in profondità, così alimentando proficuamente una ignoranza e superficialità tanto congenite quanto diffuse ad arte. Ciò, con il “condimento” di reiterati luoghi comuni: la dittatura del ventennio? In fondo, il fascismo non è tutto da buttare. Importante, dunque, contrastare tali “particolari” notizie false, «perché la storia, e il ricordo che ne deriva, hanno un peso consistente nella continua costruzione della memoria di ognuno»Sul “primo fascista», infatti, «continuano a fiorire leggende e bugie, per lo più positive». 

  «Mussolini ha dato assistenza gratuita a tutti gli italiani»: ma il sistema previdenziale per vecchiaia e malattia risale al 1888 grazie a Bismarck e in Italia al 1895. Nel 1923, invece, venne abolito il ministero del Lavoro e della Previdenza fino a una vera e propria «appropriazione delle strutture previdenziali» (1933). E per i lavoratori? Le «leggi fascistissime»: assoluto il controllo del regime sul mondo del lavoro (1926). In più, Lui «ha costruito strade, scuole, case, interi comuni, senza chiedere soldi agli italiani!»: a Roma, però, «interi quartieri […] sorsero già nei primi decenni del ventesimo secolo»; mentre i grandi progetti di sviluppo urbano sono databili a tempi ben precedenti al Regime – compresi gli Istituti di case popolari (1907, 1908…).

  «Il duce ha messo i corrotti in galera!»: la giustizia non si coniuga con un «regime liberticida». Fu Matteotti, nel 1924, in Commissione Bilancio della Camera, a denunciare come falso il bilancio ufficiale; quello vero «“prevedeva un disavanzo di due miliardi”». Insomma, conquistato e consolidato il potere i fascisti si rivelarono «ladri tanto quanto chi li aveva preceduti. Il regime mise in piedi un vero e proprio sistema di clientele su base nazionale, stornando ricchezze pubbliche e servendosene per foraggiare il partito e i suoi membri». D’accordo, però, «Lui ha sconfitto la mafia, questi qua sono tutti mafiosi». Una bandiera propagandistica: «il duce sarebbe riuscito là dove gli altri avevano fallito». Ma la lotta dura senza sconti venne condotta dal prefetto di Palermo Cesare Mori, così offuscando la di Lui popolarità, quella del regime stesso – «una figura difficilmente controllabile». Mori chiese maggiori poteri: per l’opinione pubblica era oramai diventato il paladino della legalità. Mussolini, allora, «decise di dichiarare ufficialmente che la mafia in Sicilia era stata sconfitta». Dipoi, nel 1929, lo mandò in pensione all’età di 57 anni. Mori chiese la sospensione del provvedimento: fu respinta. Da quell’anno 1929 fu impedito di dare la benché minima notizia di reati di mafia. Gli episodi di violenza erano derubricati come comuni, ordinari. La mafia era stata silenziata.

«Il duce ha reso l’Italia grande e rispettata da tutti»: eppure, «il militarismo fascista ha dato ampie prove della sua inconsistenza praticamente in tutti i teatri di guerra». Nei sette mesi della campagna d’Etiopia (1935) «vennero violate sistematicamente le norme della convenzione di Ginevra sui civili e sui prigionieri di guerra e si applicò la teoria del terrore sulle popolazioni», né l’intero impero del Negus venne assoggettato: «il potere italiano si fermò lì dove stazionavano le armi italiane». Per non dire del bombardamento sulla Croce Rossa, prima negato e poi ridotto a mero caso accidentale; altrettanto per il «fiasco colossale» della campagna di Grecia, che «dimostrò quanto poco credibili fossero i proclami del fascismo sulla forza militare italiana».L’elenco sarebbe lungo: con un’informazione blindata (1925), i treni non arrivavano mai in ritardo; ministri e gerarchi vivevano nel lusso, perciò non giravano in bicicletta e senza scorta.Con questo libro – osserva Carlo Greppi nella Prefazione–si ha fra le mani un ottimo strumento per «decostruire tutta una serie di “miti”, del tutto slegati dalla realtà storica». E per capire che una dittatura è una dittatura.

* F. Filippi, Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo, Bollati Boringhieri, Torino, 2019, pp. 160, e. 12.00.

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