Un cristianesimo senza Gesù
22 maggio 2019
La deriva dei simboli religiosi utilizzati a fini politici
Dovremmo sentirci tutti in buone mani dopo che sabato scorso a Milano la destra sovranista europea ha affidato il continente alla protezione dei suoi sei santi patroni – in quanto protestante spero mi esimerete dal ricordarli tutti – e l’Italia addirittura al cuore immacolato di Maria.
E tuttavia, non mi sento tranquillo. Anche perché l’unico a cui l’Europa e l’Italia non sono stati affidati è Gesù Cristo. E questo è naturale, perché quello della destra sovranista è un cristianesimo senza Gesù. È, come direbbe l’apostolo Paolo, “un altro vangelo” (Galati 1:6-7) al quale non si può che rispondere con un esplicito “anatema” (Galati 1:8-9). Come ha fatto per esempio monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, che ha stigmatizzato il ragionamento dei sovranisti come “non cristiano”.
Tutto il mondo cattolico è stato pronto a rispondere a quella che è parsa come appropriazione indebita e strumentale di simboli in gran parte appartenenti alla tradizione cattolica. “Invocare Dio per se stessi è sempre molto pericoloso”, ha detto il segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin, sia che lo si faccia per benedire i cannoni, come all’inizio della Prima Guerra mondiale, o le schede elettorali. La chiesa di papa Francesco si è schierata senza tentennamenti distinguendo tra un cristianesimo di fede, legato al vangelo, e un cristianesimo di identità, utilizzato a fini politici. Certo fa impressione sentir parlare da parte cattolica di “sovranismo feticista” riferendosi all’uso improprio dei simboli religiosi, anche perché la Chiesa cattolica italiana, da questo punto di vista, non è del tutto innocente.
Era un’altra chiesa ed erano altri tempi, tuttavia, la Chiesa cattolica nella vicenda Lautsi contro l’Italia per la rimozione del crocifisso da un’aula scolastica (sentenze del 2009 e del 2011 della Corte europea dei diritti umani), ha accettato di sminuire il crocifisso a simbolo culturale e di identità nazionale, pur di giustificarne la presenza in un luogo pubblico. Si operò anche in quel caso una scissione tra simbolo e affermazione di fede, seppur sostenuta con valori positivi lontanissimi da quelli inaccettabili della destra sovranista.
Il fatto è che se si opera per qualsiasi ragione una divaricazione dalla sua ragione di fede, il simbolo finisce per significare di meno o qualcosa di diverso o addirittura opposto di quello che è. Era un altro tempo e un’altra chiesa, cedevole alla tentazione di imporre i propri simboli sulla cosa pubblica (e vogliosa di intestare a sé la costruzione europea – questo e non altro significava l’insistenza sulle radici cristiane del continente, non a caso ampiamente citate dai sovranisti sabato scorso) e disposta a più di un compromesso per ottenere ciò che giudicava irrinunciabile.
Oggi c’è un’altra chiesa, quella di Francesco, che senza rinunciare ai propri simboli è però capace di dire in modo inequivocabile che prima viene il vangelo e che senza di esso nessun simbolo ha valore. In questo senso è una chiesa che, pur nella differenza tra protestantesimo e cattolicesimo, personalmente sento come sorella. E oggi c’è una chiesa diversa perché viviamo un tempo diverso in cui i simboli religiosi sono sequestrati dalla destra politica per proporre le proprie parole d’ordine, il proprio modello di società, una religiosità identitaria pensata più per escludere che per includere, un cristianesimo senza Gesù. Lo ha detto molto bene padre Antonio Spadaro: “Rosari e crocifissi sono usati come segni dal valore politico, ma in maniera inversa rispetto al passato: se prima si dava a Dio quel che invece sarebbe stato bene restasse nelle mani di Cesare, adesso è Cesare a impugnare e brandire quello che è di Dio”. Questa è una battaglia che va al di là delle divisioni confessionali e che va combattuta da cattolici e protestanti insieme.
Il protestantesimo ha una lunghissima lista di cose di cui pentirsi e per cui chiedere scusa, se solo si pensa al ruolo della destra religiosa statunitense che brandisce con disinvoltura Bibbie e sue porzioni per sostenere programmi politici che anche il presidente Trump trova eccessivi nel loro oscurantismo. Dobbiamo tutti renderci conto che al nostro interno esiste qualcosa che assomiglia al cristianesimo ma che probabilmente non lo è, o ne offre una versione distorta.
Piccola postilla di chiusura su un fatto probabilmente di poco conto. Chissà se qualcuno di questi ragionamenti è mai giunto alle orecchie dei consiglieri PD che lo scorso 16 aprile, nell’ VIII Municipio di Roma, hanno vergognosamente votato in maggioranza (6 su 8) con le destre per l’affissione del crocifisso nell’aula consiliare con la motivazione che “il crocifisso è la somma, per la maggioranza dei cittadini del nostro municipio, di grandi valori di cui anche i non credenti hanno bisogno”. L’identità e il paternalismo! Sarà, ma nonostante l’invocazione di sei santi patroni e della vergine Maria, continuo a sentirmi sempre meno tranquillo.