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Evangelici negli scartafacci della polizia fascista

Alcune pubblicazioni per non perdere il filo della storia, secondo appuntamento: un libro che ripercorre le vicende di alcuni valdesi controllati dall'Ovra

Secondo appuntamento con la serie di pubblicazioni utili a non perdere il filo della storia. Dopo il primo articolo a cura di Sergio Ronchi, oggi è il turno di una recensione di Eliana Bouchard al volume di Giuliano Bascetto, Cognomi valdesi nel casellario politico centrale.

Arturo Bocchini è il capo della polizia, dal 1926 al 1940, anno della sua morte. Figura chiave del regime fascista, crea un sistema di controllo poliziesco capillare, confluito nel 1930 nell’Ovra, l’Organizzazione per la vigilanza e la repressione dell’antifascismo. Nel 1938, la carriera di Arturo Bocchini raggiunge l’apice e gli permette di intrattenere rapporti più che stretti con l’omologo tedesco Heinrich Himmler, per valorizzare al massimo l’operato dell’Ovra congiuntamente a quello della Gestapo.

Il 22 agosto di quell’anno il capo della polizia di stato dirama la seguente circolare: «Gli evangelici in genere, per l’essenza dei loro stessi principi, non ammettono alcuna autorità indiscussa in materia religiosa, sono portati all’individualismo anche in politica e a tollerare, se non a favorire tutti coloro che, in conformità a pretese interpretazioni dei libri sacri, enunziano e propagano nuove dottrine religiose, sia pure se queste logicamente portano a sovvertire l’ordine politico degli Stati».

Questa citazione, riportata nel libro di Giuliano Bascetto, Cognomi valdesi nel casellario politico centrale*, ben si presta a fare da cornice alle vicende giudiziarie che vedono cinque evangelici e un testimone di Geova, tutti di estrazione valdese, dibattersi nelle maglie molto strette della macchina di controllo fascista. Il cosiddetto “vice duce” S. E. Bocchini, ama generalizzare e il suo apparato poliziesco pervasivo gli fornisce le conferme che cerca. I valdesi, per via delle loro idee religiose… sono portati a sovvertire l’ordine politico: un cortocircuito che arriva a mettere in dubbio l’interpretazione dei libri sacri, lo afferma un Arturo Bocchini in veste di biblista.

La prima biografia giudiziaria è la più disarmante. Si tratta di quella di Edoardo Rostan, (busta 4466, fascicolo 25457) nato a Prarostino, residente a San Secondo di Pinerolo, di professione maestro, di colore politico socialista. La prima segnalazione a suo carico viene emessa il 25 maggio del 1929 quando il maestro è già in pensione, all’età di 62 anni. Edoardo Rostan, la sera del 27 febbraio 1929 esce da una trattoria di Prarostino insieme a tre “amici”: Ceretti, Rivoiro e Dana, È ancora presto e li invita a casa sua per un bicchiere. I quattro, dopo aver mangiato e bevuto, ingaggiano “una discussione politica, durante la quale il ROSTAN ebbe a qualificare S. E. il Primo Ministro, Benito Mussolini, come bugiardo e simulatore e come colui che ha venduto Roma al Papa (…) il Ceretti e il Rivoiro riportarono il fatto al Segretario di quel Fascio che ne fece denuncia all’Ufficio di P. S. di Pinerolo il 19 successivo”.

Giuliano Bascetto, in questa raccolta troppo breve, adotta un criterio di per sé meritorio: lascia parlare le carte che dicono molto, da sole, della politica e dell’amicizia. La lettura delle piccole biografie giudiziarie di questi nostri correligionari è istruttiva e profetica: ricorda a tutti che la perdita della memoria storica può portare alla perdita della libertà, nei modi e nei tempi che il futuro ci riserva e il tutto può avvenire senza che ce ne rendiamo conto, bevendo insieme un bicchiere di vino.

* Giuliano Bascetto, Cognomi valdesi nel casellario politico centrale. Civitavecchia, Prospettivaeditrice, 2018, pp. 84, euro 12,00.

Nella foto, a destra Arturo Bocchini

 

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