Basilea 1989: i cristiani sono tutti pontefici
15 maggio 2019
In occasione, oggi, della ricorrenza trentennale della prima Assemblea ecumenica europea di Basilea pubblichiamo la nota di Luca Maria Negro per la trasmissione di RadioUno Rai “Culto evangelico”, andata in onda domenica 12 maggio 2019
Trent’anni fa, il 15 maggio 1989, si apriva a Basilea la prima Assemblea ecumenica europea sul tema “Pace nella giustizia”, ispirato al Salmo 85: “Giustizia e pace si abbracceranno”. Per la prima volta da secoli – dai tempi del Grande Scisma tra Oriente e Occidente (1054) e della Riforma protestante – oltre 600 delegati ufficiali delle tre grandi confessioni cristiane – ortodossi, cattolici e protestanti – si ritrovavano insieme per un’assemblea comune. Ma era anche la prima volta che si riunivano cristiani di tutti i paesi d’Europa.
Il messaggio conclusivo dell’Assemblea si apre infatti constatando che delegati “dell’est e dell’ovest, del nord e del sud si sono incontrati attraversando confini confessionali e politici che solo poco tempo fa sembravano insormontabili. Per quanto possano essere profonde le ferite del passato dell’Europa, i legami che ci uniscono in Cristo si sono dimostrati più forti. Sta crescendo una comunione che conferma la nostra speranza e per questo rendiamo grazie a Dio” (§ 1). In effetti la speranza di Basilea divenne realtà appena sei mesi dopo, con la caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 1989.
Una caduta che, si potrebbe affermare, a Basilea fu profeticamente anticipata dalla “marcia per la pace” che attraversò tre paesi confinanti (Svizzera, Germania e Francia) e a cui, in via del tutto eccezionale, fu possibile partecipare per tutti i delegati, anche quelli provenienti dal blocco dei paesi dell’est. Pace nella giustizia, superamento dei confini, abbattimento dei muri di separazione: le speranze della prima Assemblea ecumenica europea continuano a costituire l’orizzonte in cui sono chiamati a lavorare i cristiani d’Europa, a qualunque chiesa e a qualunque paese appartengano. In un’Europa in cui tornano le tentazioni della frammentazione, dell’autoreferenzialità, in cui si tornano a costruire muri, sia materiali che virtuali, i cristiani non possono che essere operatori di pace e costruttori di ponti: i cristiani sono tutti dei “pontefici”, nel senso letterale del termine.
Ce lo ricorda un recente documento della Conferenza delle chiese europee, intitolato “L’Europa è il nostro futuro”, affermando che “le chiese sono impegnate nella costruzione di un’Europa migliore e nel sostegno al progetto europeo per perseguire i valori condivisi e il bene comune. Cerchiamo di costruire ponti per superare divisioni storiche e aumentare il senso di responsabilità nei confronti del mondo. Di fronte ai conflitti, siamo chiamati ad agire come strumenti di riconciliazione e a lottare contro l’oppressione” (dal documento “L’Europa è il nostro futuro”, KEK e CCME 2019).