Le trasformazioni del lavoro
30 aprile 2019
Dagli Stati Uniti ricaviamo una proiezione relativa al futuro: molti degli impieghi ruoteranno intorno alla conoscenza. Ma parallelamente sono destinati a incrementarsi i lavori legati, ai più vari livelli, alla cura delle persone
È noto che una delle principali trasformazioni del lavoro nelle società contemporanee è la crescita del lavoro “non standard”, cioè dei rapporti di lavoro fondati su contratti a tempo determinato o a tempo parziale. È pure cresciuto il numero di chi cambia datore di lavoro più volte nel corso della sua carriera e di chi ha contemporaneamente più datori di lavoro. Il lavoro “standard” – a tempo indeterminato, a tempo pieno, per un unico datore di lavoro – resta prevalente ma il lavoro “non standard” si è diffuso coinvolgendo soprattutto donne e giovani.
Meno nota – o, forse, semplicemente meno dibattuta – è una seconda grande trasformazione del lavoro. Essa riguarda il cambiamento della struttura occupazionale, cioè la modifica della distribuzione degli occupati tra diverse occupazioni o la comparsa di nuove professioni.
Il cambiamento della struttura occupazionale può essere studiato in due modi. Il primo è di volgere lo sguardo al passato, a ciò che è già cambiato. Il secondo è di guardare al futuro, a ciò che potrebbe cambiare. Gli Stati Uniti offrono un buon esempio di come applicare questi due approcci. Uno studio condotto dall’Ufficio delle statistiche del lavoro – il U.S. Bureau of Labor Statistics – sul quarto di secolo precedente la grande crisi economica del 2007, suddivide le occupazioni in tre grande gruppi: le occupazioni in cui il numero di addetti è cresciuto più del tasso di crescita delle forze di lavoro nel loro complesso, quelle che sono cresciute come il tasso medio e quelle che sono cresciute meno o addirittura si sono ridotte. Tra le prime ci sono le occupazioni nel campo della finanza e del management ma anche quelle relative ai servizi alla persona; tra le seconde troviamo le occupazioni nell’edilizia; tra le terze le occupazioni nei trasporti; le occupazioni agricole e della pesca segnano addirittura un saldo negativo.
Ma il Bureau non si limita a gettare uno sguardo retrospettivo sui cambiamenti occupazionali. Esso ci offre anche una previsione sull’andamento delle occupazioni nel futuro. Il 30 gennaio scorso, infatti, ha pubblicato le proiezioni occupazionali per il periodo 2016-2026. La lettura delle “Ten fastest growing occupations” – le dieci occupazioni a maggiore crescita – è molto interessante. Le due professioni che cresceranno di più in termini relativi hanno un profilo tecnico e riguardano l’installazione di attrezzature nel campo delle energie rinnovabili. Gli stipendi annuali in queste professioni sono buoni, circa 40-50.000 dollari nel 2016. Le due professioni che seguono nella “top ten” riguardano, invece, la cura delle persone (assistenza personale e assistenza sanitaria domiciliare). Queste professioni cresceranno meno in termini relativi ma sono quelle che cresceranno di più in termini assoluti. Qui gli stipendi sono inferiori, circa 22.000 dollari. Nuovamente legate alla cura sono le due professioni seguenti: assistenti medici e infermieri. Si tratta di due professioni in cui gli stipendi sono più alti, circa 100.000 dollari.
I dati forniti da questi studi ci aiutano a mettere alla prova le idee che abbiamo sulle trasformazioni del lavoro nelle nostre società. Secondo alcuni, i cambiamenti nel mondo del lavoro avvenuti negli ultimi decenni e quelli futuri dipendono dallo sviluppo della cosiddetta “economia della conoscenza”. La produzione dipenderebbe sempre di meno dal capitale fisico e sempre di più dalla disponibilità di tecnologie e di capitale umano qualificato che, appunto, “incorporano” maggiori conoscenze. Di conseguenza, dovremmo registrare un aumento delle professioni a più alto contenuto di conoscenza e una diminuzione di quelle legate a operazioni più semplici.
I dati che provengono dagli USA – e da altri paesi – mostrano, però, che accanto alla crescita di professioni più qualificate, ad alto contenuto di conoscenza e a medio o alto reddito (p. es. nei servizi alle imprese), crescono anche professioni meno qualificate, a basso contenuto di conoscenza e a basso reddito (p. es. nei servizi alle persone). Un’interpretazione delle trasformazioni del lavoro fondata sullo sviluppo dell’economia della conoscenza sarebbe, dunque, solo parzialmente confermata dalle evidenze disponibili. I “lavoratori della conoscenza” sono cresciuti e cresceranno ancora ma accanto a loro sono cresciuti e cresceranno i lavoratori – molto spesso, le lavoratrici – addetti ai servizi alle persone. Queste tendenze suggeriscono che una delle principali caratteristiche della struttura occupazionale dei paesi a economia avanzata sia la sua “polarizzazione”. Il mondo del lavoro di oggi e di domani non sarebbe, dunque, caratterizzato solo da un aumento del lavoro “non standard” ma anche dalla presenza di due poli, uno – meno popolato – costituito dai lavori più qualificati e più retribuiti e l’altro – più popolato – costituito dai lavori meno qualificati e meno retribuiti. Insomma, il cambiamento del lavoro sarebbe segnato da maggiori disuguaglianze.