Laicità, questa sconosciuta
12 aprile 2019
Oggi 12 aprile ricorre il 30simo anniversario della sentenza n° 203 del 1989 con la quale la Corte Costituzionale ha riconosciuto la «laicità come supremo principio costituzionale»
«Il principio di laicità, in senso profondo, può essere inteso anche come la libertà di coscienza. Un principio che, anche se non è contenuto esplicitamente nella nostra Carta Costituzionale può essere ricavato dalla lettura combinata di diverse disposizioni. La laicità può essere intesa come un’esigenza di separazione tra lo Stato e la Chiesa ma anche tra “ragione pubblica” e “ragione religiosa”, tra legge dello Stato e norme morali delle religioni», ricorda il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky su Riforma.it.
Oggi, 12 aprile, ricorre il 30simo anniversario della sentenza n° 203 del 1989 con la quale la Corte Costituzionale riconobbe la «laicità come supremo principio costituzionale» si legge nel comunicato stampa dell’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti (Uaar).
La laicità italiana, dunque, è un principio «forgiato» dalla Corte costituzionale per «ragioni strategiche», ricorda in un saggio il professore di diritto costituzionale Andrea Guazzarotti: «La sentenza costituzionale n. 203 del 1989 - ove il principio di laicità dello stato viene forgiato - cade in un momento peculiare: si tratta del primo contenzioso costituzionale sul c.d. “nuovo concordato” del 1984, relativo alla delicata materia dell’insegnamento della religione cattolica e alla libertà di coscienza di coloro che tale materia decidono di non frequentare […]».
«In un paese ideale – afferma la segretaria dell’Uaar Adele Orioli –, civile e democratico, un’associazione come la nostra che si batte tra le altre cose per la laicità dello Stato, non avrebbe motivo di esistere, noi siamo a disposizione dei cittadini vittime o testimoni di prevaricazioni religiose o di violazioni della laicità dello Stato. E continueremo a farlo per altri trent’anni e oltre: finché il principio di laicità non sarà inverato».
«La libertà religiosa», tuttavia, affermava il costituzionalista Stefano Rodotà in una splendida lectio magistralis sul tema «Libertà religiosa e cittadinanza», tenutasi in occasione della conferenza «Pluralismo religioso e società italiana – il cammino verso la città integrale» promossa nell’ottobre del 2013 dalle riviste Coscienza e Libertà e Confronti presso la Sala della Protomoteca del Campidoglio a Roma –: «è un principio che deve essere salvaguardato; è uno straordinario strumento di controllo sullo stato delle libertà individuali e collettive, perciò non può essere messa da parte; perché se noi riteniamo che sia indifferente per la vita pubblica e per la democrazia, ne avremo sicuramente un irreparabile impoverimento […] Il problema – indica Rodotà – è quello del ruolo dei poteri pubblici, perché il rispetto della religione non esclude il potere di creare un contesto adeguato affinché, in primo luogo, la libertà religiosa possa essere esercitata con pienezza. In secondo luogo, una libertà religiosa non si limita alle definizioni tradizionali: culto, cambiamento di religione, ma esige una serie di concretizzazioni nelle direzioni che ho indicato. Inoltre, si possono creare situazioni di bilanciamento d’interessi di cui i poteri pubblici si devono fare carico, seguendo quelli che sono i principi di riferimento come il pluralismo, l’eguaglianza, la libertà, la laicità».
A fronte delle tante difficoltà che gravano sulla scuola nel nostro Paese – ricorda Silvana Ronco su Riforma.it «periodicamente si assiste alla “resurrezione” dell’esposizione del crocifisso quale simbolo delle radici giudaico cristiane dell’Europa, con un corollario di suggerimenti in merito alla sua collocazione nei locali e, a seconda della stagione, proposte di altre ritualità (allestimento del presepe, recite natalizie, menù quaresimali, benedizione dei locali, ecc. ecc.) tanto per non dimenticare le suddette radici. Spiace dover sempre constatare come la scuola sia molto spesso il luogo prediletto per prove di forza che, attraverso un uso strumentale del fatto religioso, mirano a riproporre modelli sociali basati sulle discriminazioni legate innanzitutto alla provenienza geografica e all'appartenenza a confessioni religiose diverse da quella cattolica o a religioni diverse da quella cristiana».
La nostra Costituzione repubblicana, proprio come ricordava Zagrebelsky, a differenza di altre esperienze costituzionali (I emendamento Cost. U.S.A. 1787; artt. 135 ss. Cost. Germania 1919; art. 1 Cost. Francia 1946; art. 2 Cost. Francia 1958; art. 41 Cost. Portogallo 1976; art. 16 Cost. Spagna 1978), non possiede nel testo costituzionale un’affermazione del carattere laico del nostro ordinamento, anche se, secondo una parte della dottrina, esso emerge con nettezza dal combinato disposto degli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 Cost. (in particolare, l’art. art. 7, co. 1, Cost. stabilisce che «lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani» e l’art. 8, co. 1, Cost. afferma che «tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge»).
In ogni caso, la giurisprudenza costituzionale a partire dalla seconda metà degli anni ottanta (del Novecento) non ha avuto dubbi nell’affermare l’esistenza di tale principio, ricomprendendolo peraltro tra i principi supremi dell’ordinamento costituzionale.
Va detto, tuttavia, ricorda anche l’enciclopedia Treccani – «che al di là della sua proclamazione da parte della Corte costituzionale, il contenuto e il significato del principio di laicità dello Stato appaiono tuttora oggetto di controversie da parte della dottrina e di significative oscillazioni giurisprudenziali, come attesta il fatto che il Consiglio di Stato ha affermato nel 2006 che la stessa presenza di un simbolo religioso (il crocifisso) nelle aule scolastiche possa essere considerato espressione proprio di tale principio». O come la sentenza del Consiglio di Stato del 20 dicembre 2017 che, accogliendo il ricorso del ministero dell’Istruzione ribaltò la decisione del Tar Emilia-Romagna, stabilendo che «benedire gli spazi delle scuole italiane è legittimo», lo ricorda Ilaria Valenzi, responsabile dell’ufficio legale della Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (Ccers) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei).
Per la laicità (in qualsiasi modo la si consideri) la strada è sempre in salita.