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La benedizione del Dio della speranza

Un giorno una parola – commento a Romani 15, 13

O Signore, tu esaudisci il desiderio degli umili; tu fortifichi il cuor loro; porgi il tuo orecchio
Salmo 10, 17

Or il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede, affinché abbondiate nella speranza, per la potenza dello Spirito Santo
Romani 15, 13

«La speranza è sempre l’ultima a morire» o «eh, speriamo…» balbettiamo in situazioni disperate, quando veramente non speriamo più nulla. La nostra «speranza» rimane spesso una parola vuota, un non si sa che dire. Uno spazio vuoto, non definito, un non si sa (più) che fare.

Quando dico «spero che questo o quest’altro avvenga» segnalo la mia consapevolezza che non dipende da me. Anche se potessi contribuire affinché questo o quest’altro avvenga, comunque non farei altro che mettere in conto che le mie forze non dipendono da me.

In fondo, quando noi parliamo consapevolmente di «speranza» non facciamo altro che segnalare il limite, la fine della nostra speranza. Con la parola «speranza» apriamo uno spazio vuoto davanti a noi, che può rimanere vuoto ma anche essere riempito. Come quando ci salutiamo: il saluto può rimanere formale, ma può anche essere occasione di un incontro. Con la parola «speranza» segnaliamo una disponibilità all’incontro con Dio, con «il Dio della speranza».

L’augurio, anzi, la benedizione di questa parola è che questo incontro con Dio avvenga: che il Dio della speranza riempia il nostro vuoto con ognigioia e ogni pace, cioè con se stesso e con l’intero esser nostro. Nella fede, cioè in Dio, per abbondare nella speranza, cioè in Dio, nella sua speranza, nel suo progetto di nuova creazione al quale ci rende pienamente partecipi.

Tutto questo non dipende da noi, ma dalla potenza, dalla dynamis, dalla dinamica dello Spirito Santo: colui (o colei) che ci manca, e che perciò invochiamo, rivolgendo questa benedizione gli uni sugli altri. Benedizione che ci ricorda che la speranza è sempre anche la prima a farci vivere!

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