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Saldi nel Signore, ci sentiamo rivivere

Un giorno una parola – commento a I Tessalonicesi 3, 7-8

Il Signore rialza gli oppressi
Salmo 146, 8

Fratelli, siamo stati consolati a vostro riguardo, a motivo della vostra fede, pur fra tutte le nostre angustie e afflizioni; perché ora, se state saldi nel Signore, ci sentiamo rivivere
I Tessalonicesi 3, 7-8

Non prendiamoci in giro, ne abbiamo sempre per il cane, e per chi lo mena. Per necessità dell’esistenza e della salute mentale, abbiamo sempre un’opinione su qualunque cosa, ma anche e soprattutto su qualunque persona. Se la pensa diversamente da me, molto male, ma anche se la pensa come me, è troppo caldo, o è troppo freddo, oppure è troppo tiepido (paradossi dell’Apocalisse), e, insomma, potrebbe fare un favore al mondo e cominciare a pensarla come me: andrebbe sicuramente meglio per tutti e tutte.

Eppure, raramente, capita che, tra le nostre angustie e afflizioni, ci giungano notizie positive sulle altre persone, magari gente che riteniamo importante, nella nostra vita, o semplicemente che ci piace, a cui siamo affezionati. E in quei casi, la gioia dell’altra persona è per noi come una nostra gioia. L’apostolo Paolo qui propone un metro di giudizio sulle persone che conosciamo, a cui potremmo attenerci sempre: a motivo della fede degli altri, siamo consolati; riconoscendo la solidità nel Signore, riviviamo.

Nessun giudizio, nessuna condanna, nessun sopracciglio aggrottato, se ci sono cose da chiarire, le chiariremo, ma a partire dalla consolazione, se ci sono cose che si possono migliorare, le miglioreremo, ma riconoscendoci ravvivati, di più, resuscitati a nuova vita. La base e il motivo del nostro sollievo ce lo dà il salmista: il Signore rialza chi è oppresso/a. Questa è una certezza, qualcosa su cui fare affidamento, non è una pia speranza, non è certo una burla. Il Signore rialza: è una realtà. Ecco perché, quando vediamo la fede altrui, possiamo esserne consolati, e quando, in un mondo di incertezze, riconosciamo la solidità, possiamo approfittarne per rivivere noi stessi.

Io, potendo, proporrei l’ultima metà di questo verso perché diventi il nostro saluto ufficiale: “ora, se state saldi nel Signore, ci sentiamo rivivere”, e se, per caso, la persona da noi incontrata non è salda nel Signore, sarebbe bello se noi potessimo impegnarci a migliorare quel rapporto, invece di affossarlo. Sarebbe proprio qualcosa su cui lavorare, portare consolazione, ravvivare, rafforzare e solidificare, sarebbe qualcosa di cui andare fieri/e, da testimoniare con orgoglio.

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