Memorie e radici
20 febbraio 2019
Il percorso artistico di Paola Bisio alla ricerca di una sacralità femminile originale, a partire dai simboli dell’Europa preistorica
Paola Bisio è un’architetto e artista di base a Torino la cui ultima mostra, Memorie e radici. Il femminile nell’Europa preistorica, si è conclusa nella stessa città nel mese di dicembre dell’anno scorso. Il percorso proponeva una riflessione sul sacro legato al femminile, partendo dalla simbologia preistorica per reinterpretare i segni attraverso tecniche personali.
Una ricerca che per l’artista inizia una ventina di anni fa incontrando un libro dell’archeologa Marija Gimbutas, che nel corso della sua brillante carriera ha portato alla luce dei reperti facenti capo a una civiltà preistorica, presumibilmente di tipo matriarcale, risalente o anteriore al 3000 a.C. circa. Durante quegli scavi sono stati rinvenuti oggetti come piatti e cocci d’argilla che dimostrano una capacità tecnica ed estetica insospettabili che Gimbutas ha raccolto e sistematizzato, riportando alla luce un significato profondamente legato alla sfera del femminile. Si tratta di raffigurazioni di seni, simboli acquatici, animali e falci lunari.
Dice Paola Bisio: «Dal punto di vista artistico ho trovato meravigliose queste immagini e ho provato a copiarle e reinterpretarle cercando di riadattare la raffigurazione del simbolo alla nostra pittura, all’arte come noi la interpretiamo oggi. La maniera preistorica era intrisa di un’energia, un pensiero matrifocale che in qualche modo ho riscontrato risultare molto interessante per le visitatrici donne alla mia mostra».
Questa ricerca ha portato l’artista a guardare anche il rapporto con il sacro nel mondo contemporaneo, analizzando come la figura femminile abbia assunto una minima importanza e sia diventata il mezzo della divinità maschile per avviare la creazione,in alcuni casi venendo semplicemente accantonata. Secondo questa ricerca la civiltà preistorica sarebbe stata molto diversa da un punto di vista antropologico e sociale, probabilmente prevedendo un’equità e un’assenza di gerarchizzazione tra i suoi membri. «In questa prospettiva le immagini sacrali a cui oggi facciamo riferimento soddisfano solo in parte il bisogno di sacro femminile», sottolinea Paola Bisio.
Tornando al contemporaneo, è difficile non riconnettersi ai nuovi discorsi di genere e sul femminile che grazie al movimento #MeToo, e a seguito di vari episodi di cronaca, sono ritornati attuali. Rispetto a questo fermento l’artista commenta: «È molto interessante. Nel corso della storia abbiamo riconosciuto l’esistenza del corpo, che usiamo tutti i giorni e a cui la medicina ufficiale fa riferimento; c’è la parte psicologica che ha avuto una sua dignità a partire dal secolo scorso; manca, secondo me, la parte relativa al sacro. Bisogna riconoscere che esiste questo aspetto anche nella vita di tutti i giorni e che deve assumere tutte le caratteristiche del femminile migliore, non deformato dal patriarcato».
Una nuova mostra sugli stessi temi si aprirà a Biella dal 22 marzo e per una decina di giorni presso lo spazio Il Cantinone messo a disposizione dal comune.