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In attesa della liberazione

Un giorno una parola – commento a II Timoteo 4, 18

Il Signore dice: «Io mando un angelo davanti a te per proteggerti lungo la via, e per introdurti nel luogo che ho preparato»
Esodo 23, 20

Il Signore mi libererà da ogni azione malvagia e mi salverà nel suo regno celeste. A lui sia la gloria
II Timoteo 4, 18

Il contesto in cui leggiamo questa frase è la solitudine dell’apostolo Paolo che ha fatto l’amara esperienza di essere stato abbandonato nel momento in cui – accusato e imprigionato a causa dell’evangelo – doveva affrontare un processo il cui esito sarebbe stato, verosimilmente, una condanna a morte. Ma Paolo non teme per la sua vita. L’ha messa a disposizione del Signore! L’ha devoluta a favore della sua causa! L’ha dedicata al progresso dell’evangelo! Attende una liberazione.

La liberazione a cui tende l’apostolo non attiene alla sfera di questo mondo, ma consiste nell’ingresso nel regno celeste. È quella condizione che si raggiunge dopo la morte, quando si vedrà Dio «faccia a faccia» (I Corinzi 13,12) e si entrerà nella dimensione dell’eterna comunione con il Creatore.

 

Al vile abbandono degli uomini fa da contraltare la presenza del Signore. 

Questa rassicurante presenza dà all’apostolo la certezza che alla fine il Signore lo salverà in modo definitivo, conferendogli una vita nuova nel suo regno. Questa testimonianza di fede serve da incoraggiamento ai cristiani che come lui rischiano la vita testimoniando l’evangelo in mezzo alle sofferenze e alle contraddizioni di questo mondo.

La serenità dell’apostolo alla prospettiva della morte non può essere ascritta a un atteggiamento di disprezzo per la vita, o di fuga dalla realtà, o passivo soggiacere alla sofferenza. Le prove accompagnano la vita di ogni mortale, ma se affrontate con coraggio ci forgiano (nostro malgrado!) come essere umani e soprattutto come cristiani. Quanto l’apostolo scrive in questo passaggio della sua Epistola sprona noi cristiani a vedere la sofferenza come il momento della vicinanza di Dio; e perfino la morte, affrontata per il nome di Cristo, come l’inizio di una nuova vita, sottratta alla caducità del tempo e alla realtà del male che alligna in questo mondo, e vista come la via che introduce alla beatitudine eterna.

 

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