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Distogliere lo sguardo da ogni falsa certezza

Un giorno una parola – commento a Geremia 31, 18

Io odo, odo Efraim che si rammarica: «Tu mi hai punito, come un vitello non domato; convertimi, e io mi convertirò, poiché tu sei il Signore, il mio Dio»
Geremia 31, 18

Avete imparato per quanto concerne la vostra condotta di prima a spogliarvi del vecchio uomo che si corrompe seguendo le passioni ingannatrici; a essere invece rinnovati nello spirito della vostra mente
Efesini 4, 22-23

Chi è Efraim? A cosa allude l’immagine del vitello non domato, che rappresenta, certo, un animale riluttante ad accettare il giogo, ma anche qualcosa di più? Efraim era una delle tribù più importanti di Israele, in contrapposizione a quella di Giuda.

Dopo la morte di Salomone e la divisione in Regno di Israele a Nord e Regno di Giuda al Sud, c’era stato, tra i due regni, anche un allontanamento religioso: Geroboamo, primo re di Israele, in opposizione al Tempio di Gerusalemme, capitale del Sud, valorizzò i santuari del Nord, in particolare Dan e Bethel, nei quali fece porre due vitelli d’oro, che rappresentavano non il Dio di Israele, ma la sua cavalcatura. Presto, però, i due vitelli divennero oggetto di culto, fino a coniare nomi come Agalyahu, che significa: vitello (è) YHWH(nome del Dio di Israele).

Ripensiamo anche all’episodio del vitello d’oro che viene narrato nel libro dell’Esodo. Abbiamo, ora, qualche elemento in più. Efraim, dunque, personificazione del Regno del Nord, del suo popolo e dell’idolatria, riconosce che la punizione che l’ha colpito (fine del Regno del Nord, 722 a. C.) viene da Dio ed è giusta e meritata. L’uomo da sé e per se stesso non può fare nulla, solo Dio può «ri-convertire» la sua esistenza dandole senso. Efraim ne è perfettamente consapevole: Convertimi, e io mi convertirò, poiché tu sei il SIGNORE, il mio Dio. Dio apre gli occhi al peccatore e, proprio con la sua confessione di peccato e il pentimento inizia l’opera divina per la salvezza dell’uomo.

Anche una punizione può diventare, così, occasione di una conversione, che apre una nuova possibilità di vita. Proprio nella difficoltà, nel dolore, nello sconforto, ci è offerta l’opportunità di distogliere lo sguardo da ogni falsa certezza per orientarlo a Dio, certi che per noi, come per Efraim, il Signore dirà nel suo cuore: le mie viscere si commuovono per lui, e io certo ne avrò pietà (Ger. 31, 20). 

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