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Trovare modi alternativi per fare la pace

A colloquio con il sudcoreano Juneseo Hwang, attivista pacifista e ambientalista, che sta svolgendo in Sardegna una ricerca relativa all’impatto militare sull’ambiente

Poco più di un anno fa è nato il Comitato per la riconversione Rwm, composto da oltre venti aggregazioni locali, nazionali ed internazionali – tra cui la chiesa battista di Carbonia e del Sulcis-Iglesiente – che promuove la riconversione al civile della fabbrica Rwm Italia produttrice tra l’altro delle bombe della serie «mk80», i cui frammenti sono stati ritrovati in Yemen. In occasione delle attività promosse in quest’anno di mobilitazione, il Comitato ha incontrato molte persone interessanti come ad esempio Lisa Clark, rappresentante italiana di Ican, la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, e – qualche settimana fa – il sudcoreano Juneseo Hwang, attivista pacifista e ambientalista che studia MA Peace Studies presso l’Università di Bradford in Inghilterra. Interessato ai processi di pace, al disarmo e alla giustizia ambientale, Hwang lavora presso la Green Korea United, organizzazione fondata nel 1991 e coinvolta in diverse aree di lavoro, tra cui la protezione della fauna selvatica, le energie rinnovabili, la conservazione delle zone umide, e le campagne ambientali antimilitari. Abbiamo rivolto a Juneseo Hwang alcune domande.

— Da dove è nato l’interesse per la storia della fabbrica Rwm?

«In Sardegna sto svolgendo la mia ricerca indipendente relativa all’impatto militare sull’ambiente. Sebbene il mio obiettivo principale fossero le basi militari, come ad esempio il poligono sperimentale e di addestramento interforze di Salto di Quirra (Ca) e il poligono militare di Capo Teulada, ho voluto visitare Iglesias dove c’è la fabbrica Rwm Italia che produce armi che hanno un impatto sul nostro pianeta, e incontrare il Comitato per la riconversione per conoscerne l’impegno per il disarmo e la difesa del territorio».

— Qual è la situazione in Sardegna?

«Onestamente, è peggiore di quanto mi aspettassi. Il mio cuore si è lacerato quando ho incontrato persone che stanno soffrendo a causa dell’impatto delle basi militari. Questa è una grave violazione dei diritti umani e un’ingiustizia globale. In un senso più ampio, credo che questa situazione dovrebbe essere trattata come un crimine di guerra poiché le attività militari vengono svolte in funzione delle guerre».

— Crede sia possibile un’inversione di marcia?

«Questa è la mia prima visita in Sardegna, quindi è difficile per me dire se si può invertire la rotta oppure no. Tuttavia, in generale, preferisco sempre dire “dobbiamo trovare modi alternativi per fare la pace e ci impegneremo per questo” piuttosto che dire “non c’è alternativa”. Quando ho lavorato nell’esercito per due anni (coscrizione obbligatoria), il Ministero della Difesa diceva sempre che solo la forza garantisce la pace. Sono convinto invece che un altro modo è possibile. In Sardegna ho incontrato persone che stanno già sviluppando modalità nuove per costruire la pace, anche se in questo momento non si vedono ancora risultati».

— Ha avuto modo di incontrare il Comitato per la riconversione. Cosa ne pensa?

«Prima di tutto sono rimasto affascinato dal fatto che il Comitato è formato da associazioni e gruppi molto diversi tra loro che riescono ad armonizzare le loro opinioni quando si incontrano. Parlo a malapena italiano – riesco solo ad ordinare del cibo! –, quindi sono riuscito a capire ben poco dei discorsi fatti durante l’incontro, ma ho percepito un’atmosfera piena di speranza. Infine, mi ha molto colpito il modo in cui ci si oppone alla fabbrica Rwm sforzandosi di elaborare idee su come ricostruire e rilanciare l’economia locale senza la Rwm. Penso che questo movimento per la pace in Sardegna possa dare una lezione pacifista ai coreani – abbiamo molte industrie di armi e attualmente vendiamo bombe all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti».

— Da dove nasce il suo impegno per la pace?

«Vivo in un paese in cui molte persone credono che la deterrenza militare ci protegga dalla Corea del Nord. Io non ci credo. Fino ad ora, la deterrenza ha portato più competizione militare tra Cina e Corea del Nord, e tra Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud. Credo che il mondo possa sopravvivere meglio senza alcuna forza militare.

La mia ferma convinzione sulla nonviolenza si basa in parte sul cristianesimo, ma sono aperto anche alla filosofia laica della pace. Sono anglicano, ma in tutta onestà vado raramente in chiesa. Viviamo un momento molto critico e credo che le chiese dovrebbero impegnarsi di più nel nostro mondo. Vi sono persone vulnerabili che hanno perso la vita a causa di guerre che non hanno iniziato; altre che muoiono di fame e devono abbandonare le loro case e diventare rifugiati, che i paesi occidentali rifiutano. Molti voltano le spalle ai profughi, mentre le chiese devono rimanere un rifugio e devono lottare per ciò che è giusto. A tale proposito, ho apprezzato che la Chiesa d’Inghilterra abbia votato al suo ultimo Sinodo generale una nozione con la quale chiese al governo di impegnarsi per la messa al bando delle armi nucleari . So che altre chiese hanno fatto progressi maggiori rispetto alla mia chiesa e le ammiro. Spero che le diverse chiese possano insieme fare sempre di più».

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