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Roma senza fondi, l’Esercito della Salvezza sospende servizi a senza fissa dimora

Le persone bisognose hanno trovato chiusa la porta del centro diurno del II Municipio della capitale. Tursi: «Senza sostegno economico, oltre 200 beneficiari resteranno per strada. Effetti a catena anche per assistenti sociali, psicologi, operatori e per la città»

Il centro diurno dell’Esercito della Salvezza (EDS) ha sospeso ieri 18 giugno i servizi di accoglienza a causa del mancato pagamento di fatture per 400.000 euro da parte dell’Amministrazione di Roma Capitale.

«Abbiamo accolto fino a 88 persone al giorno, anche durante l’emergenza freddo. Abbiamo continuato a erogare servizi con fondi propri, abbiamo presentato manifestazione di interesse per il bando sul ‘Piano caldo’ che avrebbe dovuto partire il 21 giugno. Il servizio costa 5.000 euro al mese, ci sono fatture non pagate che risalgono addirittura al 2008. Così abbiamo dovuto sospendere tutto» ha dichiarato all’agenzia Nev Massimo Tursi, tenente colonnello dell’EDS. «In questa situazione di incertezza, non possiamo più garantire il servizio di assistenza amministrativa, di accompagnamento, reinserimento e avviamento al lavoro, i laboratori, le borse lavoro. Abbiamo costruito un servizio alla città che ha portato i nostri assistenti sociali e operatori a far riscoprire a tante persone le loro capacità naturali o professionali, la loro dignità, abbiamo garantito pasti e docce. Senza sostegno economico, oltre 200 beneficiari resteranno senza tutto questo e gli effetti a catena si vedranno nella città e anche fra chi ha erogato i servizi finora (liberi professionisti qualificati, psicologi e psicoterapeuti). Sono tutti attori che noi abbiamo a cuore – ha proseguito Tursi –. Questa mattina, mentre ricevevamo la solidarietà e il plauso della presidente del II Municipio Francesca Del Bello, alcuni ospiti della nostra struttura a San Lorenzo si sono riuniti davanti al portone chiuso, hanno scritto dei messaggi su dei post-it per esprimere i loro sentimenti. È stato un momento commovente. Bisogna sbloccare le risorse in bilancio per il sostegno delle attività sociali».

«Avere il centro diurno chiuso significa avere queste persone sulle panchine, per le strade, impedire loro di costruire un destino diverso con evidenti ripercussioni sui quartieri. Siamo grati ad "Alleanza contro la povertà del Lazio" che sta sostenendo la nostra azione e chiede a gran voce un urgente piano sociale cittadino. Facciamo appello a tutte le chiese sorelle nella speranza di trovare a breve gli strumenti per riaprire il servizio» ha concluso Tursi.

L’Alleanza contro la Povertà del Lazio, nata nel 2015 fra sindacati e associazioni laiche e religiose del Terzo Settore, ha diramato sempre ieri un comunicato in cui si legge: «Siamo profondamente preoccupati della tenuta sociale: la crisi ancora in atto ha fatto scivolare verso la povertà tante persone che non trovano risposte pubbliche, ma spesso solo l’azione volontaria di tanti cittadini. Chiediamo a questa Amministrazione di definire al più presto il Piano Sociale cittadino e di privilegiare quella parte di cittadini che fanno fatica a vivere, su quella attenta alle speculazioni».

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