Un ponte fra le genti
01 giugno 2018
Al via la XV assemblea della Conferenza delle chiese europee
«Testimonianza, giustizia, ospitalità, sono le tre parole chiave che guideranno la settimana di lavori qui a Novi Sad». Con il saluto e l’indirizzo del presidente Christopher Hill ha preso avvio nella cittadina serba la XV assemblea generale della Kek, la Conferenza di chiese europee, organizzazione che raggruppa 120 chiese nel vecchio continente, cui sommare oltre 40 fra consigli nazionali di chiese e organizzazioni connesse.
«Testimonianza, come quella che la Kek dall’anno della fondazione, il 1959, ha sempre cercato e reso, a partire dalle tensioni legate allora alla guerra fredda – ha proseguito Hill - ; giustizia per tutti i cittadini che fanno parte della nostra Europa, e ospitalità che è la vera sfida del nuovo millennio, con milioni di persone che dall’Africa al Medio Oriente bussano alle nostre porte».
Dalle tensioni fra ovest ed est alle bombe in Nord Irlanda, fino al processo di riconciliazione nei Balcani devastati dalle guerre fratricide: la Kek non ha mai cessato di essere un ponte, un luogo di conciliazione e dialogo. Non a caso la suggestiva cerimonia in centro città che ha concluso il primo giorno di lavori ha avuto proprio nel ponte il fil rouge che ne ha guidato i vari passaggi. Ponti che uniscono genti e culture, che creano condivisioni e solidarietà. Qui, a un passo dai ponti sul Danubio distrutti dai bombardamenti della Nato nel 1999 queste parole assumono un significato ancora più chiaro.
Fra i vari interventi dal palco di particolare effetto quello della giovane Giulia Feliz Delmonte, fra le responsabili a Bologna del progetto dei Corridoi Umanitari guidato da Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), Tavola Valdese e Comunità di Sant’ Egidio. Un appello il suo per fare dell’Europa una casa capace di accogliere e non una fortezza inespugnabile.
Ospitalità che ritorna nel primo studio biblico, condotto stamattina 1 giugno dal pastore Luca Maria Negro, presidente della Fcei, a partire dal passo di Genesi 18, 1-8 : «l’Europa oggi tende a dimenticare, a negare ospitalità a chi è straniero, mentre Abramo e Sara hanno mostrato quanto la gioia del Signore possa ricompensare la capacità di aprire le proprie porte».
Come ha ricordato il segretario generale della Kek, l’ortodosso finlandese Heikki Huttunen, «la Kek opera su territori assai più ampi di quelli dell’attuale Unione Europea. La stessa Serbia che ci ospita, non è parte dell’UE al momento, ma geograficamente è il centro del nostro continente. Nostro compito e ruolo è quello di continuare a mettere insieme culture e storie, genti e religioni». La Vojvodina, la provincia autonoma serba di cui Novi Sad è capoluogo, è quasi per antonomasia luogo di incroci geografici e culturali, come ha ricordato il suo presidente Igor Mirovic: ad una maggioranza serba fanno da contorno molte attive minoranze, da quelle ungheresi a quelle rumene, e le religioni rispecchiano questo melting pot: i lavori dell’assemblea sono infatti organizzati e ospitati dalla Chiesa ortodossa serba, dalla Chiesa metodista, dalla Chiesa luterana il lingua slovacca e dalla Chiesa riformata ungherese in Serbia e Novi Sad sarà nel 2021 la capitale europea della cultura. Un riconoscimento che da queste parti inorgoglisce tutti.
Il primo atto significativo dell’assemblea, espletate le formalità di rito, è stato l’accoglienza di due nuovi membri all’interno della Kek: la Federazione battista europea e la Chiesa episcopale scozzese vengono ad ampliare quella che appare come una grande unione di genti. Il Padre Nostro recitato ad alta voce in tutte le lingue europee ne è stato l’emozionante e significativo esempio.