Sanità: a colloquio con Antonio Saitta
01 giugno 2018
Nel supplemento mensile «L’Eco delle Valli Valdesi free press» il punto della sanità in Piemonte e nel Pinerolese.
Alcuni cittadini lamentano tempi di attesa troppo lunghi per visite o esami, mentre il settore sanitario privato a pagamento, non accessibile a tutti, ha tempi più rapidi. Come si può ovviare a questo problema?
«Il problema delle liste d’attesa eccessivamente lunghe è comune a molte regioni. Il Piemonte, rispetto ad altre realtà, presenta una situazione complessivamente accettabile se si eccettuano alcuni picchi per determinate prestazioni in alcune strutture. La Direzione regionale dell’assessorato alla Sanità sta lavorando da tempo, su impulso della Giunta, con le Aziende sanitarie, gli erogatori privati, i medici e tutti i soggetti che, a vario titolo, si occupano di salute per predisporre un piano organico di riduzione dei tempi d’attesa in grado di contenere anche il fenomeno della mobilità verso altre regioni».
Con quali tempi?
«È un obiettivo che non può essere raggiunto in pochi mesi, ma che richiede un’inversione di tendenza e un profondo cambiamento nel modo di agire, partendo dall’appropriatezza delle prescrizioni dei medici di medicina generale e dalle riduzioni di molti esami che alla prova dei fatti si rivelano “inutili”, se non addirittura dannosi».
Il settore privato non rischia di essere sempre più concorrenziale?
«Lo scorso luglio la Giunta ha approvato una delibera fortemente innovativa nel rapporto con questi soggetti che non devono essere considerati “concorrenti” ma fornitori di servizi che il pubblico non può o non è in grado di svolgere, senza sovrapposizioni e duplicazioni. Un nuovo modello anche di assegnazione delle risorse che sta già dando risultati e che intendiamo rendere strutturale».
È in programma qualche investimento per ridurre i tempi di attesa?
«Come è noto, per anni il Piemonte non ha potuto effettuare investimenti per gli stringenti vincoli imposti dal piano di rientro. Di fatto, un vero e proprio commissariamento, che non ha inciso sulle prestazioni, soprattutto grazie all’impegno e alla dedizione del personale che lavora in sanità. Dallo scorso anno abbiamo ripreso a programmare per il futuro sbloccando le assunzioni di medici e infermieri per garantire il rafforzamento degli organici, laddove necessario. Ovviamente, il fabbisogno di personale richiede di effettuare altri inserimenti e le Aziende stanno procedendo in questa direzione».
In quale modo agevolate l’accesso alla sanità nei territori periferici?
«Per la Regione i territori periferici hanno la stessa dignità e importanza delle aree metropolitane e delle città che sono storicamente più servite da strutture sanitarie. Fin dal primo giorno, abbiamo lavorato per favorire e sviluppare un’integrazione tra ospedale e territorio. Le Case della Salute sono la dimostrazione concreta del nostro impegno».
Sono previste delle azioni regionali per sostenere le fasce più deboli e vulnerabili come anziani, disoccupati, migranti?
«Le fasce deboli della popolazione sono da sempre al centro dell’attenzione dell’amministrazione regionale. Lavoriamo su questo fronte con il collega Ferrari che si occupa di politiche sociali. I bisogni sono infiniti, ma le risorse che mettiamo in campo sono cospicue. Spesso non ci si rende conto della dimensione dell’impegno che la Regione produce in questo ambito. La novità è che abbiamo varato il Piano della cronicità, per affrontare l’aumento delle malattie croniche, un fenomeno che si sta verificando a livello nazionale ed europeo ed è strettamente correlato all’invecchiamento della popolazione».
Quali saranno i passi per arrivare alla piena attuazione?
«Gli elementi fondanti del progetto sono l’incremento della domiciliarità, anche attraverso l’uso della tecnologia - dalla teleassistenza domiciliare al teleconsulto specialistico -, la realizzazione di reti assistenziali, la centralità del ruolo dei medici di famiglia, la riorganizzazione operativa degli ospedali e dei distretti, l’elaborazione di piani di cura personalizzati per i pazienti, la creazione di percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali integrati ospedale-territorio e omogenei a livello regionale. L’attuazione del Piano avverrà attraverso gli strumenti operativi che abbiamo creato come Giunta regionale in questi anni: la rete delle Case della Salute, il rafforzamento del ruolo del distretto, il piano per le liste d’attesa, le linee per la Sanità digitale a partire dal Fascicolo sanitario elettronico, l’esperienza dell’infermiere di comunità, la rete endocrino-diabetologica, la rete per l’Alzheimer e il rafforzamento della rete oncologica».
Siete già partiti con il piano annunciato?
«È previsto un primo periodo di sperimentazione, che si concluderà nel 2019. In questa prima fase sono già state istituite quattro “comunità di pratica” all’interno di altrettante aziende sanitarie piemontesi: Asl Città di Torino, Asl To3, Asl Cn1, Asl Vco, composte da esperti e specialisti nelle discipline interessate, per elaborare e mettere a punto i modelli di cura che verranno poi utilizzati su tutto il territorio regionale».