Le mani di Dio stese verso di noi
30 aprile 2018
Un giorno una parola – commento a Isaia 65, 2
Ho steso tutto il giorno le mani verso un popolo ribelle, che cammina per una via non buona, seguendo i propri pensieri
Isaia 65, 2
Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi
Romani 5, 8
La crisi non ci rende necessariamente migliori. Nei periodi di sofferenza, come gli antichi esuli sradicati, facciamo risuonare il nostro lamento con Dio, che non si lascia più trovare e non risponde. Proprio in questo esilio interiore ci viene fatta una sovrabbondante offerta di grazia, senza riserve, che viene respinta. «Tutto il giorno allargo le braccia verso un popolo indifferente e chiuso nella sua silenziosa ribellione.
Ho esclamato: “Guardate, sono io, eccomi, vicinissimo, Emmanuele!”». Un tale grido divino svela l’incredibile umiltà del Dio vivente, di Colui che «fece cose tremende». Non l’indifferenza di Dio, ma la nostra ribellione produce la disintegrazione della nostra vita e della comunità. Siamo centrati su noi stessi, mentre seguiamo i nostri pensieri, e non vogliamo vedere le mani tese di Dio in atteggiamento di preghiera verso noi.
La parola usata qui per descrivere questi esuli non è «popolo dell’alleanza» (‘am), ma «popolo straniero» (goy), perché ormai il Signore interviene a favore di una gente che per la sua idolatria e il suo ripiegamento su di sé si è posta fuori dall’Alleanza. Ma non fuori dalla grazia. Come preludio all’annuncio della salvezza, la grazia preveniente di Dio, che prepara il popolo alla liberazione, si esprime come richiamo severo all’assunzione di una responsabilità personale, oltre che collettiva, di cui esso deve rendere conto, che non può essere scaricata sulla società. Il profeta invita ad un esame di coscienza, ad un impegno personale e comunitario a favore della giustizia.
La salvezza resta dono che proviene esclusivamente - e prima che ne siamo consapevoli - dalle mani sovrane del Signore dell’alleanza. Ne prendiamo atto quando volgiamo lo sguardo alle mani stese di Colui che abbiamo trafitto e scopriamo così la grandezza dell’amore di Dio per noi, mentre eravamo – e siamo – ancora peccatori.