Ricordarsi degli «ultimi»
17 aprile 2018
Un giorno una parola – commento a Isaia 58, 7
Che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo
Isaia 58, 7
Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo
I Giovanni 4, 19
Sono oltre 50.000 i senza tetto in Italia, uomini e donne, italiani e stranieri. Oltre 50.000 esseri umani che non hanno un luogo dove dormire, dove mangiare, dove scaldarsi nei mesi freddi. Oltre 50.000 persone che non hanno un luogo dove aver cura di se stessi, come se la propria esistenza non avesse alcuna importanza. Oltre 50.000 persone di cui solo una minima parte vive nelle strade per scelta e la cui scelta va rispettata, ma non utilizzata come alibi per dimenticarsi di quelli che questa scelta non l’hanno fatta, ma subita. Subita a causa delle circostanze della vita, a causa di errori personali o per soprusi da parte di qualcuno. Subita per scelte sbagliate, amicizie sbagliate, amori sbagliati, ma anche per l’assenza di qualcuno o per colpa di chi si è impossessato della loro vita fino a renderli oggetti da abbandonare lungo le strade.
La parola della Scrittura oggi ci richiama fortemente a far sì che la nostra vita si ricordi di questi «ultimi». Parlando di digiuni falsi e digiuni veri il profeta Isaia riporta le Parole ricevute da Dio: «Il digiuno che io gradisco […] è che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a chi è carne della tua carne.» Una Parola, questa, che ci interroga come singoli e come chiese, una Parola che Gesù ci ha ripetuto ricordandoci che ogni aiuto dato a chi è in queste difficoltà è un gesto d’amore fatto a Lui. Possa questa Parola metterci in cammino per un’azione concreta di aiuto. Amen!