Good morning... good night. Cinque artiste e una curatrice dall’Iran
13 aprile 2018
Una cultura antica e affascinante, ma anche uno sguardo contemporaneo attento e curioso che passa attraverso il lavoro di alcune artiste iraniane
Chi visita la mostra rimane stupito del livello dell’arte contemporanea che si trova in Iran, assolutamente paragonabile a quello occidentale. I linguaggi e i concetti sono molto affini ai nostri, non c’è differenza. L’Iran non è un Paese così lontano in effetti, ma sembra che loro sappiano molto più di noi di quanto noi sappiamo di loro. A proposito di letteratura, c’è un grande amore per i versi e la poesia e lo si può riscontrare anche andando al bazar e scoprendo persone che scrivono sui banchi del mercato. Sono versi che parlano d’amore, di una società legata ai piaceri della vita, all’ospitalità e alla gioia di vivere; un Paese che ha un rapporto personale con l’arte, non solo legata agli ambienti artistici. La scelta per il percorso esposto presso il Museo di Palazzo Ducale di Mantova è quella di focalizzarsi sullo sguardo delle artiste iraniane, e una sorpresa si ha constatando la grande libertà di pensiero che conduce alla rappresentazione di se stesse e del proprio corpo; un progetto che sembra mettere in comunicazione presente e passato di questa terra.
Ce ne parla Peter Assmann, direttore del Complesso Museale e curatore della mostra.
Com’è nato questo progetto?
«È nato con un sempre più intenso interesse personale per l’Iran. Sono stato invitato ufficialmente in qualità di specialista per mostre e musei e ho potuto visitare Teheran, Isfahān, Shiraz. Così ho iniziato a pensare cosa si potrebbe fare per far conoscere il patrimonio di questo Paese perché, a dire la verità, quello che sappiamo attraverso i canali della tv parla di un Paese islamico nemico di Trump e di Israele; si parla solo della condizione e dei diritti delle donne, della situazione sulle strade, di una cultura del tutto rigida. Ma quando ho girato il Paese, ho notato una situazione totalmente diversa: C’è una grande ricchezza culturale, una grande ospitalità, c’è un interesse per la nostra cultura, per l’arte contemporanea, per l’arte europea del passato che mi ha affascinato del tutto».
Questo patrimonio e questa cultura ha deciso di farla conoscere attraverso il lavoro di cinque artiste, un punto di vista totalmente femminile. Come mai?
«Perché mi sono accorto che per organizzare una mostra ci vuole un partner che non implichi un lavoro burocratico troppo ingente, mettere insieme la burocrazia italiana con la burocrazia iraniana è qualcosa di impossibile. Forse sapete che sono falliti grandissimi progetti negli ultimi anni e una grande mostra a Berlino. Io nel mio piccolo ho pensato a una soluzione che coinvolgesse direttamente dei partner privati con cui si potesse realizzare il progetto, e ho trovato questa artista e curatrice, Tarlan Rafiee, che ho coinvolto e ha detto subito di sì. Io sono anche artista e siamo abituati a organizzare mostre all’estero, abbiamo quindi realizzato una collaborazione con loro l’anno scorso in Austria e in Iran e ha funzionato tutto bene. Così ho capito che, in qualità di direttore, si sarebbe potuto fare qualcosa di più ufficiale, ed è nato il progetto. Abbiamo discusso molto a lungo sulla tematica, quello che ritenevo interessante è la situazione della donna perché qui si pensa a una situazione di totale oppressione, di confinamento agli ambiti domestici e al velo. La realtà è diversa e parlando con le donne in Iran si scopre che stanno ricoprendo sempre più ruoli ufficiali: una donna è stata sindaco di Tehran [Zahra Sadr Azam Nouri, ndr], in economia molti ruoli dirigenziali sono coperti da donne, all’università ci sono molte più studentesse che studenti, sono circa la metà tra i professori e nell’arte c’è una presenza femminile molto oltre il 50%. Ho chiesto quindi alla curatrice di scegliere cinque artiste di varie generazioni che parlino proprio di questo. Quello che per me è stato importante è non scegliere artiste iraniane che lavorano all’estero e solo ogni tanto tornano in Iran. Ho voluto persone che vivono in Iran e che ogni giorno si confrontano con la realtà quotidiana del Paese».
Che tipo di Paese e che tematiche vengono fuori dai lavori di queste artiste?
«Si parla di evoluzioni culturali, partendo per esempio dal sistema da secoli prevede che l’uomo possa andare fuori in società, mentre il potere della donna stia nel regolare le cose della casa; questo è un concetto dell’Islam che troviamo ovunque. Ma l’Iran da anni è evoluto rispetto a questo concetto. Naturalmente stiamo parlando di una cultura diversa dalla nostra ma ricordo che la situazione è stata diversa anche in Europa; lo sviluppo dei diritti delle donne nella società è molto simile a quello nell’Europa di cento anni fa, prima del diritto di voto, per esempio».