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Terzo Settore. Note sul nuovo registro

La riforma spiegata dal sottosegretario di Stato al ministero del lavoro e delle politiche sociali Luigi Bobba, estensore del decreto legislativo 117/2017

– Per quale motivo si è deciso di riformare la legge sui servizi sociali e assistenziali connessi con il volontariato con la cooperazione sociale, le Ong, gli enti ecclesiastici, le imprese sociali?

«Per fornire alla materia di nostra competenza un perimetro più definito e per circoscrivere, con chiarezza e puntualità, le finalità, le caratteristiche, le attività di tutti gli enti che operano nel Terzo settore. Prima della nostra riforma la legislazione riconosceva le “singole famiglie”, mancava tuttavia un corpus d’insieme, anche dal punto di vista normativo. Ritengo che il nostro intervento sia stato un riconoscimento importante per il settore».

– Quali sono le novità?

«In particolare, l’introduzione di norme fiscali per le imprese sociali. Il nostro desiderio era creare un “sistema” favorevole e dove più persone potessero decidere di impegnarsi – penso soprattutto ai giovani – nel Terzo settore attraverso un terreno legislativo più solido e più fertile. Insomma, abbiamo gettato le basi per una società più inclusiva e capace di rispondere alle domande e ai bisogni dei soggetti più deboli».

– Quando la riforma vedrà la sua completa attuazione?

«Il decreto si articola con diverse tappe. Alcune norme sono entrate in vigore nell’immediato, altre sono più recenti (dal primo gennaio 2018, ndr) come il social bonus, altre invece, richiedono più tempo perché devono raccogliere un’autorizzazione da parte dell’Unione europea. Altre ancora, prevedono tempi più lunghi (febbraio 2019, ndr) e mi riferisco al registro unico per gli enti del Terzo settore, un punto cardine della riforma, che sarà realizzato di concerto con le Regioni italiane».

– Nel decreto 117/2017, oltre alle opportunità da lei elencate, alcune organizzazioni lamentano delle criticità. Se è così, quali sono e che cosa risponde?

«Siamo partiti da un insieme molto frammentato e disordinato di norme, con l’idea di poter giungere a un indirizzo unico. Non è stato facile. Tuttavia per rispondere ai quesiti e ai dubbi espressi da alcune organizzazioni, faremo una circolare interpretativa per agevolare il passaggio, la transizione, dal vecchio sistema al nuovo; e, dall’altra, stiamo valutando la possibilità, come la legge ci permette di fare, di emanare un decreto correttivo per integrare, correggere e precisare i punti che hanno destato dubbi e difficoltà».

– Qualcuno sostiene che questa legge imponga anche alle piccole organizzazioni di dover richiedere la personalità giuridica. È così?

«Non è vero. La legge prevede un percorso facilitato per poterla richiedere, ma non è obbligatoria. È una facoltà, un’opportunità discrezionale».

– E tra i vantaggi, quali può segnalare?

«Una norma, ad esempio, favorirà le organizzazioni di volontariato grazie alle detrazioni previste per le donazioni e le erogazioni liberali che passeranno dal 26 al 35%. A fine dicembre, poi, abbiamo assegnato le risorse, 45 milioni di euro, previste per il fondo per lo sviluppo di progetti innovativi a oltre 90 realtà presenti sul territorio italiano. Un impulso importante per investire sul futuro del nostro paese. Le Regioni hanno poi sottoscritto con il Ministero un accordo per utilizzare altri 26 milioni nei singoli territori regionali».

– Iscriversi al registro del Terzo settore è obbligatorio?

«No, tuttavia è vincolante per accedere alle agevolazioni che l’attuale legge prevede».

– L’inchiesta su «Mafia Capitale», in qualche modo, ha influenzato la necessità di giungere in tempi brevi a una riforma del Terzo settore?

«Ovviamente sì. Il mondo del Terzo settore si basa sulla fiducia dei volontari, dei donatori che sostengono le opere, delle imprese che vogliono alimentare il circuito di solidarietà; c’è bisogno che vi sia il massimo della trasparenza nel settore. Certamente era necessario intervenire per evitare che poche “zone d’ombra” potessero diventare “ombre lunghe” su quei mondi, tanti, che operano all’insegna della trasparenza e della solidarietà. La trasparenza è una precondizione. La fiducia dev’essere invece una risposta possibile; una risorsa per innovare, cambiare e affrontare le sfide che troveremo in futuro nel cammino condiviso».

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