Vita e morte sono nelle mani di Dio
08 gennaio 2018
Un giorno una parola – commento a Matteo 6, 27
Il suo fiato se ne va, ed egli ritorna alla sua terra; in quel giorno periscono i suoi progetti
Salmo 146, 4
Chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un’ora solo alla durata della sua vita?
Matteo 6, 27
Finalmente il Parlamento ha approvato la legge su «consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento» per permettere al malato l’esercizio della propria volontà sul trattamento e sul «fine vita». Non saranno più solo i medici a decidere su questa materia così delicata. In verità il consenso informato (e il rifiuto) era già adombrato nella Costituzione (art. 32, §b), anche se con limitazioni di legge. La prassi dell’accanimento terapeutico è finalmente tramontata. Non si tratta di eutanasia, ma del rifiuto di terapie che prolungano all’infinito una vita vegetativa. Questa la nuova situazione.
Questa impostazione ci avvicina alla parola di Gesù che commentiamo: «chi può con le sue preoccupazioni aggiungere un’ora sola alla durata della sua vita?». Questa parola indica con semplicità l’idea che la vita (alla nascita e al termine) è «materia indisponibile»: nessuno può manipolarla a piacimento. Il principio alla base di questa indicazione è che tutto ciò che appartiene al mondo naturale (umano, animale e vegetale) ha un inizio e una fine. Ma spesso medico o paziente vogliono rimandare il fine vita. La visione biblica è molto più ampia: non solo la vita, ma anche la morte è nelle mani di Dio. Dio infatti è, nello stesso tempo, il Signore della vita e il Signore della morte.
Per motivi spesso inconfessabili, noi ricordiamo continuamente che la vita è nelle mani di Dio, un suo dono, quindi intoccabile, ma dimentichiamo nello stesso tempo che anche la morte è similmente nelle mani di Dio. L’accettazione di questi limiti ci reca serenità: noi siamo sempre, dal momento della nascita a quello della morte, nelle mani di Dio. In questa chiave comprendiamo facilmente che la vita e la morte costituiscono due aspetti specifici della dignità umana, due caratteri indisponibili di ogni persona umana.