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Tutti sotto una stessa bandiera. 470 associazioni e collettivi di soccorso hanno lanciato ieri, martedì 21 novembre a Parigi gli Stati generali delle migrazioni. Un processo di mobilitazione di un’ampia parte della società francese, che vuole e pratica l’ospitalità e l’accoglienza di donne, uomini e bambini in stato di necessità.

Tutti questi attori sociali lamentano il mancato dialogo in materia con il governo e con il nuovo capo di Stato Emmanuel Macron, che al momento non ha ricevuto, nonostante le richieste, i portavoce delle associazioni, e non ha risposto all’appello di organizzare una conferenza nazionale in materia. Di contro l’esecutivo ha annunciato di lavorare ad una nuova legge sull’immigrazione, che le anticipazioni paiono evidenziare come un ulteriore giro di vite sul tema della sicurezza, con un’accelerazione dei processi di riaccompagnamento alla frontiera e una forte esternilazzione della politica migratoria, da gestire in Libia, Ciad o NIger, sul modello di quanto messo in atto, fra moltissime critiche internazionali, dal governo italiano.

Fra le associazioni firmatarie praticamente tutte le principali ad operare in materia, compresa la Cimade e l’Entraide Protestante, di nascita evangelica, e poi Acat, Secours Catholique, Emmaus, quindi le realtà locali quali Roya Citoyenne che opera in valle Roya e Tous Migrants che si occupa dei migranti che arrivano a Briançon, fra i monti cheseparano Italia e Francia. Tutte,di fronte alla mancata instaurazione di un tavolo di lavoro, hanno quindi deciso di agire in maniera autonoma organizzando l’incontro di ieri.

Fra gli obiettivi anche quello di rendere noto al pubblico la «caccia continua dei migranti nelle Alpi, a Calais e in tutta la Francia. Di fronte alle violenze nei loro confronti, di fronte alla moltiplicazione degli arresti di cittadini che hanno offerto loro aiuto, di fronte ad una legge che si presenta molto repressiva abbiamo dovuto agire, e dire ad alta voce che questa politica non è fatta in nostro nome e non ci rappresenta, anche perché nessuno ha consultato le nostre associazioni, che pure rappresentano migliaia di cittadini e possano vantare lunga esperienza in materia » racconta al quotidiano Le Monde Nathalie Pere-Marzano, delegata generale di Emmaus International.

Gli scopi degli Stati generali sono quelli di proseguire in concertazioni decentralizzate su tutto il territorio, organizzare azioni e mobilitazioni dei cittadini contro il progetto di legge, preparare una grande manifestazione nazionale da tenersi in primavera.

Jean-Claude Mas, segretario generale della Cimade, ai microfoni della stampa non ha nascosto l’amarezza per l’attuale corso avviato dall’Eliseo: «Prendiamo atto di una politica migratoria che non ci rappresenta, è regressiva e viola i diritti fondamentali delle persone. In risposta a tutto ciò la società civile si sta organizzando. L’appello inviato al Presidente della Repubblica di considerare l’avvio di una conferenza nazionale sul tema che coinvolga tutti i soggetti coinvolti, compreso l’ente pubblico, non ha avuto risposta. Di conseguenza abbiamo deciso di organizzarci per riflettere sulle prossime mosse».

Secondo Mas sono numerosi gli esempi che descrivono l’atteggiamento in atto in questi mesi in Francia: «Le forze dell’ordine riaccompagnano oltre il confine italiano le persone senza dar loro la possibilità di richiedere asilo; abbiamo sul nostro territorio minori rimasti isolati senza protezione, ed è obbligo dello Stato prendersene cura; ci sono migranti per le strade, incapaci di provvedere ai bisogni di base; nei centri di detenzione i diritti vengono calpestati. Insomma abbiamo un problema serio, dal momento che una persona su due è chiusa nei nostri centri mentre non dovrebbe esserlo».

Fra gli aspetti più criticati del nuovo disegno di legge il passaggio da 45 a 90 giorni del periodo massimo di detenzione per gli stranieri in attesa di espulsione, l’estensione da 16 a 24 ore della detenzione amministrativa per la verifica del diritto di soggiorno, e l’intesificazione dei controlli alle frontiere che in sostanza annullano quanto stabilito dal Trattato di Schengen.

Fra le note liete invece si segnala quanto annunciato lunedì 20 novembre da Pascal Brice, direttore generale dell’Ufficio francese per la protezione dei rifugiati e degli apolidi. La Francia sarà infati il primo paese ad accogliere le donne e gli uomini evacuate dalla Libia a seguito dell’intervento dell’Unhcr, l’Alto commisariato Onu per i rifugiati.

Si tratta al momento di 25 persone, etiopi, sudanesi ed eritree (fra loro 15 donne e 4 bambini), che nei campi di detenzione in Libia stavano correndo seri rischi per la loro vita. Altri 47 dovrebbero seguire a breve, e riceveranno tutti lo status di rifugiati da parte del governo transalpino. Una goccia nel mare di fronte ai 44 mila migranti censiti dall’Unhcr nei campi in Libia. Ma la speranza degli operatori è che presto altre nazioni in tutto il mondo possano seguire questo esempio. Anche sull’onda dell’indignazione creata dalle varie testimonianze che raccontano le violenze patite per mezzo di mercenari (fra tutti il reportage della Cnn che testimonia della compravendita di veri e propri schiavi).

Immagine: di Jeanne Menjoulet, via Flickr

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