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La situazione in Piemonte si è fatta tragica domenica 29 ottobre quando tutti i boschi sopra la frazione di Mompantero a Susa hanno preso fuoco. Quell’incendio era partito da Rubiana e Caprie oltre una settimana prima e aveva risalito la val di Susa sul lato sinistro percorrendo quasi 30 chilometri.

Quella è stata la notte più drammatica per la Val Susa quando oltre 450 persone sono state evacuate dalle loro abitazioni minacciate ormai in modo quasi definitivo dalle fiamme. Fortunatamente e grazie al lavoro instancabile di Vigili del Fuoco, Aib e molti volontari nessuna prima casa è andata distrutta e nessuna persona è rimasta ferita. Dal mattino successivo, lunedì 30 ottobre, complice il meteo favorevole, l’assenza di vento e la possibilità di volare per i Canadair e gli elicotteri, la situazione è rientrata nella normalità e i fuochi sono stati spenti.

Ma la Val Susa è stato solo lo scenario più rilevante e drammatico di un quadro incredibile che il Piemonte ha vissuto nell’ultimo mese. Gli incendi sono stati accesi perché quasi la totalità di questi incendi non è nata per autocombustione, ma dalla mano dell’uomo. Che siano stati gesti volontari o meno è ancora tutto da dimostrare, e su questo adesso indagheranno i carabinieri forestali.

Altri roghi preoccupanti sono stati innescati in Valle Stura, in val Po e nel bargese, in val Varaita, in val Chisone, sul Gran Paradiso, a Cantalupa, Cumiana e in val Noce, un fronte di fuoco di oltre 4 chilometri che è durato 5 giorni. Qui, purtroppo, un ragazzo di 26 anni di Cantalupa, Alberto Arbrile, è morto d’infarto mentre stava pulendo il suo terreno per prevenire le fiamme che si stavano pericolosamente avvicinando. Il 5 ottobre si è visto il primo fuoco in val Chisone a Bovile, borgata del comune di Perrero e dopo quasi un mese continuano, ancora inspiegabilmente, i roghi.

Adesso, la situazione in tutto il Piemonte e nelle valli sta tornando alla normalità, anche se ancora si riscontrano roghi: proprio questa mattina, giovedì 2 novembre, a Pomaretto, con la popolazione montana che inizia a dare segni di insofferenza. Segni di insofferenza l’hanno mostrata anche i sindaci dei comuni colpiti nei confronti degli amministratori regionali che hanno l’autorità e la responsabilità dell’intervento. Per oltre una settimana l’aria nelle valli colpite dall’incendio, nel pinerolese, nel torinese e a Torino è stata quasi irrespirabile con livelli di Pm10 che hanno toccato i 400 microgrammi per metrocubo, quattro volte oltre i limiti consentiti. In un mese in Piemonte sono bruciati, fin’ora, oltre 6.000 ettari e secondo Nimbus il totale potrebbe arrivare anche ai 70 kmq.

Martedì mattina in consiglio regionale il dibattito è stato serrato: la maggioranza di centrosinistra è stata attaccata dalle opposizioni per l’intempestività degli interventi e della presa in carico del problema, oltre che della scarsa e tardiva comunicazione. La maggioranza ha difeso il suo operato, dicendo che era stato fatto tutto il possibile e il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino ha dichiarato di non sentirsi in dovere di «chiedere scusa di nulla».

Ma una situazione di questo tipo, sarebbe opportuno che non si ripetesse più e che si fosse in grado risolvere i roghi nel più breve tempo possibile ed evitare che si ingrossano e diventino così devastanti. Altrimenti, il senso di impotenza sarebbe insostenibile e la possibilità che una situazione del genere si possa ripetere e il patrimonio boschivo piemontese vada in fumo, sarebbe troppo probabile. La Camera di Commercio di Torino ha lanciato l’allarme per le 240.000 imprese del territorio colpite nell’area degli incendi e Coldiretti Piemonte ha diramato un comunicato in cui spiega che per ripristinare i danni dell’incendio ci vorranno 15 anni. 

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