Alle ore 11 di questa mattina, venerdì 6 ottobre, è stato annunciato il vincitore del premio Nobel per la Pace 2017. Il riconoscimento va all’Ican, la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, una coalizione che unisce 468 organizzazioni che in 101 nazioni operano per porre fine al proliferare delle testate atomiche, tema più che mai attuale se si pensa alle forzature di Corea del Nord ed Iran di questi mesi. L’Ican, di cui fanno parte anche le due organizzazioni italiane “Senzatomica” e “Rete disarmo”, è anche fra i principali protagonisti della recentissima approvazione da parte delle Nazioni Unite del Trattato sulla messa al bando delle armi nucleari, il testo che per la prima volta dichiara fuori legge le armi più distruttive che esistano, le uniche che ancora non erano state condannate ufficialmente a causa delle forti resistenze delle nazioni in possesso di testate atomiche. Che infatti, a differenza di ben 122 paesi, il Trattato non lo hanno ratificato né hanno intenzione di farlo. Fra queste anche l’Italia, che non possiede una bomba atomica, ma ne custodisce sul proprio suolo un imprecisato numero di proprietà statunitense (circa 70), fra le basi Nato di Ghedi e di Aviano.
La motivazione dei promotori del premio Nobel sottolinea il lavoro della rete Ican «nel portare l’attenzione sulle conseguenze umanitarie catastrofiche di qualsiasi uso delle armi nucleari e per i suoi sforzi fondamentali per ottenere un trattato che metta al bando queste armi». Fondata nel 2007 a Melbourne in Australia, Ican ha oggi il proprio quartier generale a Ginevra, e negli ultimi anni ha lavorato in strettissima relazione con il Cec, il Consiglio ecumenico delle chiese, che infatti attraverso la Commissione delle chiese sugli affari internazionali è stato fra i primi e più motivati sostenitori della necessità di un testo condiviso da portare all’attenzione globale.