«Le chiese europee affrontino compatte la sfida delle migrazioni»
04 ottobre 2017
A conclusione dei lavori della conferenza internazionale “Vivere e testimoniare la frontiera”, da Palermo il coordinatore di Mediterranean Hope Paolo Naso lancia un appello alle chiese in Europa
A conclusione di una giornata fitta di interventi svoltasi lunedì 2 ottobre presso la prestigiosa sede comunale di Villa Niscemi di Palermo, Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope – Programma rifugiati e miranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), ha lanciato un appello ai partecipanti del Convegno internazionale “Vivere e testimoniare la frontiera. Migrazioni, confini e accoglienza”, riuniti dal 30 settembre nel capoluogo siciliano per esplorare le dimensioni della frontiera: «Le chiese in Europa hanno un ruolo da svolgere, ma devono affrontare la sfida stando compatte». E puntando il dito contro le politiche europee che non sono state in grado di governare i flussi di migranti, né di fermarli, né di integrarli, ha detto: «anche noi dobbiamo fare confessione di peccato, perché il fallimento dell’Europa in questo campo, è altresì un fallimento morale, ed è anche un nostro fallimento».
«L’emozionalità si è separata dalla razionalità» ha proseguito Naso, portando ad esempio la mancata approvazione della legge sullo ius soli: «rifiutare quella legge significa andare contro lo stesso interesse nazionale».
Per quanto riguarda invece i flussi migratori contemporanei, che sono altra cosa rispetto agli 800mila ragazzi «di fatto italiani, ma non di diritto», Naso ha spiegato come ci troviamo di fronte a un sistema di “vasi comunicanti”: se si chiudono le frontiere da una parte, la pressione del flusso troverà altre scappatoie irregolari. «Non si possono chiudere i confini, senza lavorare a politiche di stabilizzazione e cooperazione, e senza aprire contemporaneamente varchi sicuri e legali per chi ha diritto alla protezione internazionale. I corridoi umanitari che abbiamo promosso e realizzato in questi due anni non sono l’unica soluzione, ma un elemento valido, sperimentato con successo, nella gestione delle migrazioni. Dobbiamo anche rivedere il diritto d’asilo, che è rimasto ai tempi del muro di Berlino e che oggi richiede sfide e strategie diverse. Fare un tuffo coraggioso in una realtà complessa è difficile, ma lo vogliamo fare in libertà, affrontando la precarietà con fiducia e speranza».
Il moderatore della Tavola valdese, pastore Eugenio Bernardini, ha richiamato il ruolo dei credenti in questo particolare momento storico: «Le migrazioni interpellano la nostra coscienza cristiana, perché anche tu “fosti straniero in terra d’Egitto”». Gli ha fatto eco il cardinale Francesco Montenegro, presidente della Caritas italiana, che di fronte ai numerosi cristiani che non vogliono i migranti e non vogliono accogliere, ha detto: «questo significa strappare le pagine della Bibbia». Il card. Montenegro ha nominato i corridoi umanitari dall’Etiopia, copromossi dalla Cei e che stanno per partire. Il pastore Jean Fontanieu, della Federazione protestante francese di mutuo soccorso, ha portato la propria esperienza di corridoi umanitari dal Libano verso il paese d’oltralpe.
La giornata, che ha visto interventi di studiosi esperti di migrazioni (tra cui Valerio Calzolaio, Maurizio Ambrosini, Fulvio Vassallo Paleologo), di giornalisti che operano sulla frontiera (Nancy Porsia e Giacomo Zandonini), di chi nelle chiese europee è attivo nel campo dell’accoglienza di rifugiati e migranti e dell’advocacy (Doris Peschke), si era aperta con un momento istituzionale alla presenza del l’assessore alle politiche sociali di Palermo, Giuseppe Mattina,a sottolineare l’importanza di lavorare in sinergia su questi temi fra società civile e autorità pubbliche.