La pluralità dei ministeri in una chiesa di laici
26 settembre 2017
Un manuale per chi assume incarichi negli organi collegiali delle comunità locali
Articolo tratto da chiesavaldese.org
La Chiesa valdese è una chiesa di laici. I laici, pertanto, si trovano a svolgere importanti compiti di responsabilità all’interno di organi collegiali di governo eletti da assemblee che verificheranno il loro operato. Avere chiaro ruoli e funzioni che si è chiamati a svolgere è un presupposto fondamentale per operare al meglio. A questo proposito la Tavola valdese, su indicazione del Sinodo 2015 e tramite una commissione, ha elaborato un manuale rivolto a chi si trova a svolgere un ministero specifico: quello di membro del Consiglio di chiesa, organo di governo delle comunità locali. Al pastore Italo Pons, membro della Tavola valdese e coordinatore della commissione, rivolgiamo alcune domande.
Da dove nasce l’esigenza di un manuale di questo tipo?
«Molto spesso i nuovi membri dei Consigli di chiesa (o Concistori per le chiese autonome) entrano nelle loro funzioni senza indicazioni precise su quello che devono fare e su come farlo. Se è vero che tutti i nostri organi sono collegiali, è altrettanto vero che bisogna chiarire meglio quali sono i compiti della funzione alla quale si viene chiamati. Il Consiglio di chiesa è un organismo composto da anziani, diaconi e pastori. Le Discipline e le liturgie d’insediamento forniscono indicazioni precise. Il manuale non le sostituisce, ma ne approfondisce taluni aspetti alla luce delle premesse bibliche e degli aspetti organizzativi della chiesa. Ci sono gli aspetti amministrativi, trattati con indicazioni che possono essere di grande utilità ma non mancano gli aspetti che concernono il ministero. La domanda da porsi è: che cosa significa svolgere quel determinato compito? Come svolgerlo? Il manuale stimola queste domande».
I membri del consiglio di chiesa hanno un ruolo di guida e di accompagnamento dei credenti. Come si può conciliare questo loro compito con la crisi d’autorità che segna i nostri tempi?
«Assocerei la parola guida alla parola visibilità. Il membro del Consiglio è visibile, la comunità lo ha chiamato a un compito che dovrà esercitare con umiltà, ma anche con lucidità: dovrà onorare pienamente questa chiamata particolare. La sua posizione non comporta dei privilegi, si tratta di svolgere un servizio richiesto. In questo senso l’anziano ha un grande credito di fiducia. Dovrà sapersi spendere con le sue energie e la sua intelligenza in questo servizio, coltivare la sua pietà personale attraverso la lettura della Parola di Dio e la preghiera, conoscere i membri di chiesa, ascoltarli. Probabilmente il ruolo di “guida” nasce dalla pratica dell’ascolto di sé stessi e poi degli altri. L’autorevolezza scaturisce da queste premesse».
Il manuale accosta testimonianze del presente a quelle di autorevoli figure del passato. Quanto è importante per una chiesa rimanere nel solco della propria «tradizione»?
«Abbiamo scelto solo alcune testimonianze del passato: poche “pietre preziose” senza alcuna intenzione di essere esaustivi. Ma occorre rileggerle alla luce del nostro tempo. Non veniamo dal nulla ma siamo radicati come piante nel terreno, pronte a dare frutto. Al contempo abbiamo il compito di innovare, di trovare delle risposte per il nostro presente. Possiamo farlo con libertà ma anche con fedeltà al lascito che abbiamo ricevuto da chi ci ha preceduto. Il manuale è stato realizzato “in compagnia di molti altri”, per dirla con il libro degli Atti. I ministeri nella chiesa rispondono proprio all’esigenza di fare le cose insieme. Essi traggono la loro forza dall’Esterno, ma questa forza si deve sperimentare in “compagnia” di altri e altre».