La chiesa è un progetto ?
13 giugno 2017
Dopo la Pentecoste dall’esplosione spirituale si passa presto all’organizzazione responsabile della nascente chiesa
Ed erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere. Ognuno era preso da timore; e molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli. Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune… lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. (Atti 2, 42-44,47a)
Per il 500° anniversario della Riforma protestante ho potuto prender parte, in questi mesi, a numerosi dibattiti. E mi sono quindi chiesto quale sia oggi il progetto di chiesa che abbiamo in mente. Perché i Riformatori, pur con ampia varietà d’accenti, un progetto in testa ce l’avevano. Penso in particolare a Calvino, con le sue Ordonnances e la sua continua riscrittura dell’Istituzione cristiana. Sull’onda dell’umanesimo, i Riformatori ci hanno anche insegnato come sia sempre necessario, nel progettare la chiesa, tornare ad fontes, cioè alle fonti bibliche. E qui mi torna in mente la prima descrizione della chiesa: quella proposta dal libro degli Atti.
Tale rappresentazione nasce dopo la grande esplosione spirituale della Pentecoste. Sarebbe potuto finire tutto in un grande entusiasmo, destinato presto a dissolversi nel nulla (come spesso accade). Invece no, dall’esplosione spirituale si passa presto all’organizzazione responsabile. Non so se l’ebreo Gesù avesse in mente un progetto di chiesa. Aveva predicato il Regno, sanato malattie, riscattato la dignità di persone violentate dalle circostanze, contestato gli aspetti formali della religiosità del suo tempo… E così facendo aveva dato vita a quello che potremmo chiamare un «movimento laico». Ma una chiesa? Lo stesso termine «chiesa» era sconosciuto a Gesù. Certo, non gli era estranea la dimensione comunitaria della predicazione, del servizio, della condivisione. Ma – da quel che possiamo capire – il suo era un movimento spontaneo, non molto ben organizzato, tant’è che si disperderà di fronte alla tragedia del Golgota, per ritrovare se stesso solo dopo la risurrezione. Il cammino verso Emmaus è l’inizio del cammino della chiesa in compagnia di un Gesù ritrovato, perché vivente e presente. Nelle lettere pastorali del Nuovo Testamento troviamo poi le tracce evidenti delle prime strutture ecclesiastiche, con i relativi problemi di autorità, ministeri, collegamenti, potere. Si delinea così l’istituzionalizzazione di un cristianesimo in rapida crescita.
Il testo del libro degli Atti, dal quale siamo partiti, venne redatto verso gli anni 80 d.C.: e qui vediamo come, per la prima volta, il «progetto chiesa» cominci a prendere luce. Si potrebbe ipotizzare che Luca (l’autore degli Atti) abbia disegnato un quadretto a tutto tondo, apologetico, per far magari capire alle autorità che il cristianesimo è una religione buona, tollerante, aperta verso tutti. In effetti, il primo ritratto della chiesa a noi consegnato delinea, intorno alla figura del Cristo vivente, una profonda comunione di beni sia spirituali sia materiali. Luca ci racconta di un’esperienza, oltretutto gioiosa, caratterizzata dalla perseveranza. Una comunione che si esprime anche nel mangiare insieme, senza necessariamente isolare l’atto sacramentale, ma vivendo una dimensione eucaristica complessiva. In particolare, sempre secondo il testo di Luca, nella primissima realtà della chiesa risultano essenziali la predicazione, l’insegnamento (la Parola che viene commentata e predicata è quella racchiusa in un Antico Testamento dove si scorgono le tracce del Cristo), la comunione e la preghiera. Una cosa è chiara: il «progetto chiesa» è assai impegnativo e necessita di continuità. I cristiani non si ritrovano impegnati in un indefinito e illimitato attivismo: piuttosto sono chiamati a rispondere concretamente alla vocazione che il Signore rivolge loro proprio là dove si trovano a vivere.
Duemila anni dopo, il nostro progetto di chiesa è inevitabilmente lontano dal quel quadro di fine I secolo che Luca ci ha consegnato. Però le caratteristiche fondamentali di questo progetto restano attuali. Luca infatti ci fa capire che, se si trascurano insegnamento, predicazione, preghiera, comunione spirituale e materiale, la chiesa potrà anche essere percepita come prestigiosa istituzione religiosa e civile, ma in realtà risulterà sterile e a rimorchio delle logiche di potere. Se essa rimarrà priva di quello spirito libero e profetico, capace di far autorevolmente risuonare l’evangelo del Regno, una simile chiesa non potrà mai diventare lievito della società. Insieme ai Riformatori vale quindi la pena continuare a interrogarci su quale sia il nostro attuale progetto di chiesa.