La Conferenza “Comunità di fede e impegno ambientale” si è tenuta presso la Facoltà di lingua, letteratura e cultura della Università di Edimburgo dal 18 al 20 maggio in collaborazione con l’Ecen (Rete cristiana europea per l’ambiente), e con la Società europea per lo studio della religione e dell’ambiente, su iniziativa del Pastore anglicano e Professore Michael Northcott, docente e ricercatore di etica con riferimento all’ecologia ed all’economia.
Nella lettera di invito si diceva che «l’economia neoliberista e il culto del consumismo sono in conflitto aperto con la scienza climatica e l’ecologia e con il movimento della società civile per l’ambiente del ventesimo e ventunesimo secolo. La Madre Terra dà segni crescenti di stress e di prossimità al collasso. I costi umani si traducono in migrazioni intercontinentali e problemi di salute (complicazioni polmonari, allergie e intolleranze alimentari, tumori, decessi). Ormai c’è chi predice che i ghiacci artici spariranno in meno di 10 anni e che nei prossimi 50 anni ci sarà più plastica che pesci nei mari mentre nello stesso periodo le piantagioni agricole industriali prenderanno il posto di una vasta maggioranza delle foreste tropicali.
Nei Paesi a maggioranza protestante in Europa sono state approvate le prime leggi di tutela ambientale e vi è stata un’importante ricomprensione dei testi biblici con riferimento alla relazione tra umani e ambiente e al mandato ricevuto dalla nostra specie (si ricorda Jurgen Moltmann tra i tanti).
Ma il contributo delle comunità di fede non è conosciuto e non è stato molto studiato in ambito accademico».
Il contesto culturale dominante, il neoliberismo, strutturalmente non intercetta la domanda di compatibilità ambientale sia perché essa è per definizione una esternalità sia perché esso pratica il presente infinito (è stata ricordata la miniserie televisiva della BBC Shooting the past di Stephen Poliakoff del 1999): il futuro viene ipotecato come se disponessimo di una carta di credito e la usassimo senza pensare alla copertura.
Le religioni per contro sono depositi di memoria di testi, simboli, e storie di posti particolari.
Con questo si confrontano quanti nelle chiese promuovono interventi di giustizia climatica sia nella modalità delle eco comunità sia in quella della certificazione ambientale, in molti casi ancora relegati ai margini delle agende delle proprie chiese. Per dare una dimensione della diffusione di queste pratiche, tra le esperienze illustrate (presenti componenti del gruppo dei facilitatori dell’Ecen dalla Ungheria, Germania, Regno Unito, Italia, Svezia) vi sono le 400 eco comunità in Scozia, le 600 in Inghilterra, e le circa 800 in Germania.
Dal 2016 le ecocomunità dell’Inghilterra e del Galles sono diventate eco chiese, un progetto dell’associazione internazionale A Rocha (una rete internazionale di organizzazioni ambientali di ispirazione cristiana fondata in Portogallo nel 1983 da un pastore anglicano), in collaborazione con Christian Aid, Church of England, Methodist church e Tearfund. “Eco church” è basato, come prima, su un sistema di premi progressivi, quanto maggiore è l’impegno per la salvaguardia del creato nella predicazione e l’educazione, nella gestione degli edifici e dei terreni, nella comunità locale e a favore di campagne globali, negli stili di vita individuali e comunitari.
Ampio spazio è stato dedicato alla campagna internazionale per il disinvestimento dalle energie fossili verso cui indirizzare gli sforzi dopo anni di politiche di condizionamento dei consigli di amministrazione delle aziende dl settore “oil and gas”.
Sono stati sottolineati la rilevanza sociale delle religioni, il valore trascendente della speranza e la pienezza delle economia del divino che non conosce esternalità nella sezione dedicata alle basi di fede per la cura delle creature. Ne hanno parlato Marion Grau, teologa sistematica/costruttiva in Norvegia, Celia Deane-Drummond, docente di teologia sistematica in relazione alle scienze biologiche negli USA.
L’esperienza di Dio e del sacro rispetto al cambiamento climatico viene vista da Grau con un approccio post coloniale e intersezionale (la pluralità e la simultaneità delle differenze in un dato momento, contesto e posizionamento). La teologia della molteplicità e delle relazioni (polydoxy) che incrocia l’antropologia è funzionale non solo per l’attività missionaria ma anche per la comprensione della complessità dei nostri vincoli mentali e spirituali ed economici che impediscono la conversione ecologica delle nostre società.
Celia Deane-Drummond, di formazione cattolica, ha recentemente collaborato ad un libro collettaneo “La religione nell’Antropocene” (espressione coniata da scienziati russi negli anni ’60, una metafora per esprimere il ruolo della umanità e delle sue attività nello sviluppo dell’universo) in cui ci si domanda se e come il discorso teologico ha influenzato la politica e le decisioni economiche.
La religione nella società civile globale vede il suo ruolo nel connettere la mente, al cuore e all’anima. Una teologia pubblica dovrebbe attrezzare le chiese ed aiutare le società a leggere i segni dei tempi, avere un ruolo ermeneutico. Nello specifico può aiutare a mostrare lo squilibrio tra due possibili comprensioni del mandato dell’umanità: cocreatore (shaper), e fiduciario (receiver). Entrambe se assolutizzati diventano mostruosità. Nell’Antropocene la dimensione di co creatore ha prevalso. Il compito politico delle religioni è di chiedere un cambio politico e socio culturale per riequilibrare il potere tra umanità e creaturalità non umana.
Una sezione è stata dedicata ad una visione inter religiosa.
Maria Nita (un dottorato su fede in transizione: attivisti cristiani e musulmani nel movimento per il clima) ha parlato di riti e liturgie ecologiche e del Greenbelt Festival, una iniziativa di ispirazione cristiana che si tiene annualmente in Inghilterra dal 1974, un appuntamento musicale e di dibattiti. Essa ha contribuito tra l’altro, in collaborazione con la Ong Christian Aid, a promuovere il movimento Gubileo 2000 per la cancellazione del debito nel Sud del mondo.
Carrie Dohe, di origine statunitense, lettrice di studi religiosi in Germania a partire da una sua attenzione alla intersezionalità femminista ha presentato diversi progetti che nel mondo promuovono ambientalismo e dialogo inter religioso.
Laura Candiotto, filosofa, responsabile di un progetto sul ruolo delle emozioni nel ragionamento, ha presentato la figura e il pensiero di Gary Snyder saggista, Buddhista Zen statunitense, "poeta dell'ecologia profonda" .
Harfiyah Haleem, ambientalista islamica, fa parte della amministrazione della Fondazione islamica per l’ecologia e le scienze ambientali, co-fondatrice del Muslim Climate Action, scrittrice e attiva in coalizioni interfedi internazionali.
Un’altra sezione era dedicata alla spiritualità ambientale.
Emma DeVries, statunitense, ha raccontato le esperienze ambientaliste degli evangelici americani guidati dal linguaggio della compassione, e le forme di dialogo tra politica e letteratura ecologica.
Irene Dietzel, insegnante tedesca, ha illustrato dei progetti interdisciplinari sul simbolismo ecologico
Panu Pihkala, finlandese, teologo specializzato in studi ambientali ha tematizzato le componenti psicologiche tra cui l’eco-ansietà dei/delle cristiani impegnati per l’ambiente.
Alistair McIntosh, scrittore, accademico e attivista scozzese, ha partecipato al progetto ‘Caring for the Future Through Ancestral Time - Engaging the Cultural and Spiritual Presence of the Past to Promote a Sustainable Future’ ( www.ancestraltime.org.uk ) guidato da Michael Northcott che lui ha illustrato.
Elisabeth Bomberg di origine statunitense docente in Gran Bretagna di politica ambientale (anch’essa parte del progetto Ancestral Time) ha presentato i risultati di uno studio fatto sulle risorse spirituali di ambientalisti laici e cristiani.
Nel corso di una breve gita sull’ Arthur's Seat (251 metri) formata da un vulcano spento del Carbonifero (circa 350 milioni di anni) al centro della città di Edimburgo, Adrian Shoaw, responsabile del progetto per il cambiamento climatico della Chiesa di Scozia ha mostrato in lontananza la Forth Valley, la principale responsabile dei 10 milioni di tonnellate di CO2 che la Scozia emette annualmente, paradossalmente a rischio di inondazione a causa del cambiamento climatico.
Come rilevato dai promotori del progetto internazionale “Radicalizzare la Riforma” (nel senso di contestualizzarne le radici nelle molteplici crisi di oggi), cresce effettivamente il consenso tra i/le cristiani sulla centralità della giustizia economica globale, la uguaglianza sostanziale tra le persone, la sostenibilità degli ecosistemi, le azioni di pace, la protezione dei soggetti vulnerabili e l’impegno per la riconciliazione interreligiosa come risposta alla cultura e agli atti di violazione della creazione di Dio.