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«Fare paesaggi era diventato come scartare una caramella per me. Erano anni che non trattavo più paesaggi, sono più legato al surreale adesso. È difficile riprendere a dipingere paesaggi, perché hai in te un momento di ritorno. A un certo punto però ho deciso “perché non lascio una parte della val Pellice?”, e così è nata questa rassegna, per omaggiare la mia valle in occasione dei miei 74 anni».

Sarà inaugurata sabato 5 agosto alle ore 17,30 alla palestra del Collegio Valdese di Torre Pellice la mostra dell’artista Guy Rivoir.

«Ci tengo a ringraziare gli Amici del Collegio, che mi hanno invogliato a fare questa mostra, che andrà avanti fino al 30 agosto e che sarà presentata anche in Germania, a Mörfelden-Walldorf» aggiunge Rivoir.

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Quante opere saranno esposte?

«Sono 62 quadri in tutto, che hanno come soggetto solo paesaggi della val Pellice, da San Giovanni al lago Nero del Manzol. Sono tutte tavole su tavola, tranne due tele. Ho voluto fare anche un ritorno tecnico al paesaggio. Dall’Ottocento in poi molti quadri sono su tavola di pioppo. Ho ripreso questa tecnica, che per esempio anche Paschetto usava. Non ho voluto cornici, perché la cornice è personale. Chi la vuole se la metta come la desidera. Senza cornice si lascia libertà di interpretazione dell’opera. In questo modo viene considerato il dipinto, non il vestito d’oro o d’argento che lo circonda».

Vedo che gli scacchi sono un motivo ricorrente nei suoi quadri; perché?

«Ho imparato a giocare a scacchi con i russi di Villa Olanda, a Luserna San Giovanni. Gli scacchi fanno parte della nostra vita, sono una battaglia silenziosa, tutto si svolge nell’assoluto. Il più piccolo pedone, l’umano, è l’artefice del movimento. Noi siamo gli scacchi. Ma la figura più importante è la regina. La regina è la padrona del tutto. Il re si muove in una casella, ma la regina si muove indisturbata per tutta la scacchiera».

Quando dipinge?

«Quando mi salta. Sarà un mese che non dipingo. Poi ci sono momenti in cui non ti fermi magari per 15 giorni di fila. Il momento più duro è quando finisci un quadro. Perché lo guardi nella sua totalità e magari ti accorgi che è sbagliato, e allora devi ricominciare. Non tutti i quadri riescono».

Come ci si accorge che un quadro è sbagliato?

«Perché ti accorgi che è una baggianata pazzesca. Lo guardi e non ti trasmette più l’emozione».

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