3 anni e sarà «piena comunione» tra episcopali e metodisti
19 maggio 2017
Una proposta che arriva dopo quindici anni di esplorazioni e più di cinquant’anni di colloqui formali
Il suggerimento per «una piena comunione» tra la Chiesa episcopale e quella metodista è emerso attraverso un lungo percorso di dialogo tra le due denominazioni. Alla proposta si è arrivati dopo quindici anni di esplorazioni e più di cinquant’anni di colloqui formali.
La piena attuazione della «comunione» richiederà almeno tre anni tre anni di tempo prima che possa essere resa ufficiale – ricorda l’agenzia di comunicazione anglicana statunitense, Acns news –, due eventi dovranno scandirne il percorso: la conferenza generale della Chiesa episcopale che si terrà nel 2018 e la conferenza generale della Chiesa metodista unita (Umc) del 2020.
Solamente dopo questi due incontri istituzionali, potrà essere approvata la piena comunione.
La proposta di 10 pagine è intitolata: «Un regalo al mondo, collaboriamo per la guarigione della frattura» e afferma: «è stato uno sforzo portare le nostre due chiese alla ricerca del partenariato più stretto, una vera missione per la testimonianza dell’amore di Dio; un impegno comune per la guarigione delle divisioni tra i cristiani e per il benessere di tutti».
Il vescovo del Montana, Frank Brookhart, co-presidente episcopale del della Commissione dialogo e il vescovo Gregorio V. Palmer, co-presidente della Chiesa metodista unita, hanno scritto in una recente lettera che «il rapporto e il dialogo nato in questi anni tra le parti è il riconoscimento che non ci sono reali ostacoli teologici all’unità: «oggi apriamo una strada importante con questa proposta di accordo».
Nei prossimi mesi sono previste reazioni al testo comune in occasione di incontri regionali e discussioni indette per riflettere sulla proposta nella quale si intende come «piena comunione» la relazione «tra denominazioni distinte nella quale, però, ciascuna riconosce l’altra come Chiesa». Le parti, dunque, rimanendo autonome, saranno in Comunione.
Le denominazioni ricordano infine che «non sono alla ricerca di una fusione ma “di un accordo” che possa consentire l’interscambio dei ministeri ordinati».