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Il parlamento pakistano ha annunciato di voler riformare la controversa legge sulla blasfemia vigente nel paese.

Secondo il Centre for legal aid, assistence and settlement (Claas), gruppo di pressione che sostiene i cristiani perseguitati in Pakistan, l’intenzione di riformare la legge, per la quale l’insulto all’Islam può comportare anche la pena di morte, nasce dopo l’uccisione di uno studente universitario avvenuta lo scorso 14 aprile.

Mashal Khan, 23enne della Abdul Wali Khan University di Mardan, nel Pakistan nord-occidentale, è stato linciato a morte da una folla per aver pubblicato presunti commenti «blasfemi» sui social media, oltre alle sue opinioni sul socialismo e sul sufismo.

A seguito dell’attacco di massa, nel quale è stato ferito un altro studente, il campus è stato chiuso e circa 45 persone sono state incarcerate.

Commentando l’intenzione del parlamento di riformare la legge sulla blasfemia, Nasir Saeed, direttore del Claas, ha detto: «È una grande notizia poiché in passato chiunque ha cercato di parlare di cambiamenti nella legge è stato incarcerato e persino minacciato di morte. Coloro che hanno sollevato le proprie voci, come il governatore del Punjab Salmaan Taseer e il ministro delle minoranze Shahbaz Bhatti, sono stati uccisi in pieno giorno e i loro assassini sono salutati come eroi. Mi auguro che il parlamento pakistano prenda sul serio questa intenzione, salvando molte persone innocenti che potrebbero essere uccise per un crimine che non hanno mai commesso. Le loro vite potrebbero essere salvate, non è ancora troppo tardi».

I gruppi di pressione come il Claas sostengono che le leggi contro la blasfemia nel paese a maggioranza musulmana vengono utilizzate per contrastare le minoranze religiose, inclusi i cristiani. Nella World Watch List 2017 – che elenca i primi 50 paesi dove i cristiani sono maggiormente vittime di persecuzione – il Pakistan occupa il 4° posto con una crescita preoccupante della violenza e della pressione sociale anticristiana.

Per alcuni imam il linciaggio del giovane studente sarebbe «colpa» della mancata impiccagione di Asia Bibi, la donna cristiana da sette anni rinchiusa nel braccio della morte per blasfemia. L’esecuzione della madre cristiana e di altri presunti blasfemi sarebbe per i religiosi un deterrente per le violenze di massa.

Ad AsiaNews padre Emmanuel Yousaf Mani, direttore della Commissione nazionale giustizia e pace (Ncjp) della Conferenza episcopale pakistana, ha condannato le «errate dichiarazioni» degli imam. In un comunicato stampa emesso nei giorni scorsi la Ncjp ha chiesto con urgenza «al governo del Pakistan di assicurare alla giustizia i responsabili di tale odio e violenza estrema». «È inaccettabile una simile violenza e comportamento barbaro – prosegue il documento—. In presenza della legge, nessuno è giustificato a prendere la legge nelle proprie mani. Inoltre il materiale d’odio e discriminatorio deve essere rimosso dai libri di testo, se vogliamo creare una società pacifica e tollerante. L’università deve sviluppare il pensiero critico, l’accettazione delle opinioni altrui a prescindere dalla fede che si professa. Dobbiamo insegnare ai nostri studenti le virtù della tolleranza, della coesistenza e dell’accettazione».

Ora tocca al Parlamento pakistano far seguire alle buone intenzioni i fatti.

Immagine: di PatrickPoendl, via istockphoto.com

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