I matrimoni fra persone dello stesso sesso potrebbero divenire presto realtà anche all’interno della Chiesa di Scozia, la principale denominazione protestante del paese. Fra un mese infatti la Kirk (parola scozzese che sta per chiesa e viene usata per denominare proprio la Chiesa di Scozia, che ha un’organizzazione presbiteriana come la Chiesa valdese), riunita nella sua assemblea generale annuale, discuterà della possibilità per i pastori di celebrare unioni fra due donne o due uomini. La proposta è stata resa nota dopo che sui giornali erano state pubblicate alcune indiscrezioni in merito alla mozione che verrà presentata, che comprende inoltre le scuse della chiesa per non aver riconosciuto nel tempo la vocazione cristiana delle lesbiche e dei gay. L’iter non sarà brevissimo, ma frutto di passi ragionati. In questa occasione viene chiesto all’assemblea generale di dare mandato al comitato che si occupa delle questioni giuridiche di intraprendere un ulteriore studio sulle implicazioni legali connesse al matrimonio fra persone dello stesso sesso, in maniera tale da riferirne nell’assemblea dell’anno successivo, il 2018.
Al contempo si chiede ai membri di chiesa di fare il punto su vicende passate di discriminazioni a diversi livelli, in maniera tale da giungere a eventuali scuse individuali e collettive per atteggiamenti e posizioni che possono avere ferito nel tempo dei membri di chiesa.
La relazione così afferma: «Ammettiamo che come chiesa abbiamo spesso mancato di riconoscere e proteggere l’identità cristiana delle perone gay, e crediamo che la chiesa nel suo insieme dovrebbe evidenziare i propri difetti, in particolare in relazione al non aver compreso le sofferenze di questi individui».
L’ex moderatore della Chiesa di Scozia, il pastore John Chalmers, intervistato dalla Bbc, ricorda «che la discussione sul tema, lunga almeno venti anni, ha causato dolori e malumori a tutte le parti in causa. Ecco perché pensiamo sia necessario riconoscerlo e porgere scuse, passo necessario per contribuire a promuovere la riconciliazione e per aiutarci a vivere oguno con le proprie differenze. L’idea di fondo è di non aver un unico vincitore, ma entro certi limiti lasciare spazio a differenti approcci fra i vari ministri di culto e le varie congregazioni locali». Ciò perché, anche all’interno della Kirk, le sensibilità in materia sono differenti, e non manca fra i pastori chi non vede certo di buon occhio la possibile novità. La discussione si prevede animata e l’iter comunque non breve.
La Kirk è pronta a garantire che ministri e diaconi che rifiuteranno di unire persone dello stesso sesso non subiranno a loro volta misure disciplinari. Sarà quindi probabilmente una decisione individuale del pastore, una volta approvata però ufficilamente dall’assemblea la possibilità di unire due persone gay o lesbiche. Dal 2014 il parlamento scozzese consente l’unione di persone dello stesso sesso, mentre in ambito religioso nel giugno di quest’anno dovrebbe toccare agli episcopali di Scozia approvare in maniera definitiva l’unione di due uomini o due donne, il che andrà a creare un ulteriore scontro con la Comunione anglicana di cui la Chiesa episcopale è parte, e che in materia sta discutendo da anni, senza esser ancora giunta ad una soluzione. Solo a febbraio, come riportato anche da queste colonne la Chiesa d’Inghilterra ha invece bocciato un documento in materia, sebbene i tempi paiono maturi, almeno in terra inglese; non certo nel resto del mondo anglicano ad eccezione degli episcopali statunitensi che già nel 2015 hanno approvato le unioni (e per questo hanno subito una sospensione di tre anni da ogni attività decisionale della Comunione anglicana). Sul modello della Kirk scozzese si sono invece già espressi i presbiteriani statunitensi nel 2015.