Ieri sera alla Maison du Protestantisme di Parigi è stato il turno del terzo candidato alle imminenti elezioni presidenziali venire a fare conoscenza con il panorama riformato e evangelico transalpino. Il candidato del martoriato partito socialista Benoît Hamon alle ore 18 ha preso posto a fianco del presidente della Federazione protestante di Francia pastore François Clavairoly per rispondere alle domande dei pastori, dei rappresentanti della diaconia e delle altre istituzioni che operano nel paese.
Hamon i protestanti francesi dovrebbe comunque già conoscerli, e non solo in quanto essi rappresentano una fetta consistente, circa un milione di membri, della popolazione totale. Hamon infatti si è avvicinato alla politica in quell’area del socialismo che faceva capo a Michel Rocard, più volte ministro e Primo ministro a cavallo fra gli anni ‘80 e ‘90 del secolo scorso, di fede e formazione protestante, per lunghi anni nelle file degli Eclaireurs Unionistes, gli scout protestanti francesi (ebbe come supervisora Louise Muller Rochat poi trasferitasi a Torre Pellice dopo il matrimonio con il medico Daniele Rochat).
Nato nel 1967 Hamon ha guidato negli anni ‘90 i movimenti giovanili socialisti, proprio negli anni in cui segretario del partito era Rocard. Eletto al parlamento europeo rimane a Bruxelles dal 2004 al 2009.
Sotto la presidenza Hollande si aprono le porte dei ministeri: guida prima quello dell’economia sociale e solidale e poi per 147 giorni appena quella dell’educazione, lasciato per dissidi con il governo guidato allora da Manuel Valls. La rivincita su Valls è arrivata alla recenti primarie del partito socialista in cui l’ex premier è stato a sorpresa superato al ballottaggio (58% dei voti per Hamon, 42% per l’ex premier).
Le divisioni interne del partito, e in generale della sinistra francese, sta frammentando il voto fra vari candidati, e ad Hamon i sondaggi accreditano al momento un risultato poco soddisfacente, inferiore al 10%. Di contro è in crescita costante nelle intenzioni di voto un altro rappresentante della gauche, Jean-Luc Mélenchon, che con il 18% circa delle preferenze sta tallonando Fillon e punta forse anche un Macron in lento ma costante calo di consensi.
Nell’incontro di ieri sera Hamon a parlato di laicità «La legge del 1905 è sufficiente, non serve aggiungere altro» citando la «laicità inclusiva» del sociologo protestante Jean Bauberot. Stéphane Rèmy, cappellano dell’esercito ha posto questioni relative ai budget militari e al nucleare, Brice Demyé (ospite al sinodo valdese e metodista del 2015), cappellano generale delle prigioni ha chiesto soluzioni al problema della sovrappopolazione carceraria, Ingrid Ispenian della diaconia protestante ha posto l’accento sulle misure a sostegno delle persone con handicap. Si è poi parlato di lavoro con Guillaume De Seynes, il direttore generale, di fede protestante, del prestigioso marchio del lusso Hermes.Non sono mancate ovviamente parole sul tema dei rifugiati e migranti, fra gli argomenti più caldi di questa campagna elettorale.
Su questo fronte sempre ieri si deve registrare la forte presa di posizione della comunità ebraica d’oltralpe in reazione alle ultime esternazioni della candidata del Front national Marine Le Pen, relative alla non responsabilità francese delle deportazioni in Germania di cittadini ebrei durante l’ultima guerra mondiale: «Si tratti di un essesimo pericolosissimo tentativo di riscrivere la storia - si legge nella nota del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia - che mostra il vero volto del Front e si inserisce nel solco dell’eredità collaborazionista di suo padre Jean-Marie. Ma è anche un insulto alla Francia. Quella Francia che ha riconosciuto le sue responsabilità nella deportazione degli ebrei e ha fatto i conti con la sua storia». Da qui l’appello rivolto alla società francese, di fare fronte comune contro le derive estremiste, ricalcando in questo il forte appello pronuciato nelle settimane scorse anche dai vertici del protestantesimo francese.