Quella copta in Egitto è la presenza cristiana più numerosa in una nazione araba, circa 13 milioni di persone, pari al 15% del totale.
Ora che Isis-Daesh appare in netta difficoltà sullo scenario del Vicino Oriente, il fronte del reclutamento e delle azioni del Jihadismo si sta spostando sul Sinai egiziano, e farne le spese sono proprio i cristiani che vi risiedono. Con gli ultimi due uomini barbaramente uccisi nei giorni scorsi è infatti salito a sette il numero delle vittime copte nelle ultime due settimane, tutte nella cittadina di al-Arish, capolugo dell’area, nel Sinai settentrionale, in quella sorta di terra di nessuno che separa la nazione delle piramidi da Israele e dalla striscia di Gaza, che dista appena 50 chilometri. Assalti in piena luce del giorno, davanti a decine di testimoni, per dimostrare attraverso il terrore la propria determinata follia. Dal 2013 l’intera zona è scenario di battaglie fra l’esercito del Cairo e i guerrieri del califfato, che qui hanno fatto molti proseliti, soprattutto fra i settori più estremisti dei Fratelli Musulmani, la compagine cui faceva capo l’ex presidente Mohammed Morsi, destituito proprio nell’estate di 4 anni fa. Sono almeno duecento le famiglie di cristiani copti, pari a un migliaio di persone, che negli ultimi giorni hanno lasciato in fretta e furia al-Arish, terrorizzati per i raid porta a porta condotti da bande di uomini armati. Si riduce al contempo all’osso la presenza cristiana in città. Molte fra queste famiglie in fuga hanno trovato accoglienza negli spazi di una chiesa evangelica protestante a Ismailya, sulle rive del canale di Suez.
L’attuale presidente Al Sisi ha più volte promesso il pugno di ferro contro il terrorismo di matrice islamica: l’ultima occasione è stata quella dei funerali delle 25 vittime della bomba nella chiesa copta del Cairo lo scorso 11 dicembre, ennesimo e più eclatante di una lunga serie di attacchi al mondo cristiano nel paese.
Proprio ad al-Arish nel luglio scorso fu ucciso a fucilate padre Rafael Moussa, della chiesa Mar Girgis (San Giorgio, patrono dei copti egiziani), che stava rientrando a casa dopo aver celebrato una messa.
Quella ortodossa copta è una delle più antiche chiese cristiane, sorta attorno agli anni ‘50 del I secolo dalla predicazione in Egitto dell’evangelista San Marco.
La separazione con la Chiesa latina e greca è datata 451, quando il Concilio di Calcedonia adottò la formula delle “due nature in Cristo”, che andava a smentire quanto stabilito appena vent’anni prima al Concilio di Efeso, e cioè “l’unione perfetta della divinità e dell’umanità di Cristo”.
Dopo un gelo di 15 secoli solo nel 1973 l’incontro fra papa Paolo VI e il patriarca di Alessandria Shenuda III segnerà la ripresa delle relazioni con il mondo cattolico.