Le decisioni del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di bloccare per quattro mesi il programma di accoglienza per i profughi, e di vietare l’ingresso a chiunque provenga da 7 nazioni a maggioranza islamica (Iraq, Iran, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen) hanno scatenato proteste e forti critiche anche da parte di numerose organizzazioni cristiane.
«La nostra preoccupazione è che quest’azione traumatizzi ulteriormente persone che hanno già vissuto immense tragedie», ha detto Scott Arbeiter, presidente di World Relief, braccio umanitario della National Association of Evangelicals (Nae), ed una delle nove agenzie che collaborano con il governo federale per il reinsediamento dei rifugiati. L’anno scorso World Relief ha assistito circa 11.000 profughi, un record dal 1999.
Tra le agenzie che, in accordo con il governo federale, assicurano un reinsediamento ai profughi giunti negli Stati Uniti, ci sono anche: l’Episcopal Migration Ministries (Emm), che per quest’anno si è impegnato ad accogliere circa 500 profughi provenienti da 32 paesi diversi, e il Lutheran Immigration and Refugee Service (Lirs).
«Questa politica non riflette i valori americani – ha affermato Linda Hartle, presidente del Lirs –. Si parla di noi come un paese che enfatizza la famiglia e la libertà, ma queste azioni sono del tutto in contrasto con tale obiettivo».
Anche la Cooperative Baptist Fellowship (Cbf), criticando i due decreti presidenziali, ha rinnovato il suo impegno a lavorare per i rifugiati e gli immigrati.
«Come cristiani battisti, l’amore di Cristo ci costringe a essere solidali con i nostri vicini – gli oppressi, coloro che sono inascoltati e quelli che vivono ai margini», ha detto Suzii Paynter coordinatrice esecutiva della Cbf. «Le nostre chiese e il personale sul campo si schierano al fianco dei rifugiati e degli immigrati negli Stati Uniti e in tutto il mondo, diffondendo la speranza e offrendo sostegno in un mondo che troppo spesso offre odio e paura al posto di pace e accoglienza».
Amanda Tyler, nuova direttrice esecutiva del Baptist Joint Committee (Bjc) per la libertà religiosa, ha detto che qualsiasi tentativo di vietare l’ingresso ai rifugiati musulmani in base alla loro religione tradisce i valori americani e invia «un messaggio - per nulla americano - che ci sono fedi di seconda classe». «La minaccia per la libertà religiosa di chiunque è una minaccia per la libertà religiosa di tutti», ha aggiunto. «Noi, come Battisti stiamo dalla parte di coloro che affrontano persecuzioni religiose in tutto il mondo, indipendentemente dalla loro fede».
Contro le disposizioni presidenziali si sono schierate anche la Baptist Peace Fellowship del Nord America e l’American Baptist Churches-Usa, mentre i leader della Southern Baptist Convention, il più grande gruppo battista degli Usa, si sono dichiarati favorevoli alla linea dura del presidente in tema di immigrazione.