A 500 anni esatti dall’avvio della Riforma protestante la Norvegia porta a compimento un’importante svolta nel proprio ordinamento: una nuova rivoluzione, meno decisiva di quella del 1517, ma che certamente avrà conseguenze sull’assetto sociale del paese nordico. Dal primo gennaio infatti la Chiesa luterana ha cessato di essere organo ufficiale di Stato, ultima tappa di un processo avviato all’indomani della riforma costituzionale del 2012.
Diaconi, pastori e vescovi cessano dunque di essere pubblici ufficiali e i vari bilanci non dovranno più venir approvati da appositi organismi statali. Saranno le casse della chiesa a pagare i circa 1250 dipendenti, seppur attingendo sempre in larga parte a fondi provenienti dal governo. In Norvegia le varie confessioni ufficialmente riconosciute ricevono trasferimenti di denaro in maniera proporzionata al numero di fedeli, e dal momento che nel paese il 73% della popolazione appartiene alla confessione luterana, si dovrebbero scongiurare problemi di liquidità o di giustizia come accaduto invece con la Chiesa cattolica, come raccontato anche attraverso queste colonne. I vertici cattolici sono infatti accusati di aver gonfiato il numero di fedeli presenti nei registri ufficiali al fine di ottenere rimborsi pubblici superiori a quanto realmente dovuto, raddoppiando in questo modo in pochi anni i propri iscritti (140 mila a fronte di una popolazione complessiva norvegese di poco più di 5 milioni di persone). Il re del paese cessa di essere il capo della chiesa e non avrà più l’obbligo inderogabile di professare il luteranesimo, e il principale organismo deliberativo diventa quindi il sinodo dei vescovi. Non più bilanci pubblici statali dunque e nessuna corsia preferenziale, in nome della libertà e dell’uguaglianza fra le varie religioni.
Appena il 5% dei norvegesi si dichiara ad oggi come praticante, ragion per cui la modifica non dovrebbe causare molti traumi ai sudditi di re Harald V. La società da tempo aveva superato una concezione bloccata del panorama religioso e le leggi dello Stato, come spesso accade, sopraggiungono a certificare una situazione già mutata.
Si contano con le dita di due mani o poco più le nazioni nel mondo che mantengono una religione di Stato.
Prima della Norvegia è toccato alla Svezia già in questo nuovo millennio compiere lo stesso percorso riducendo a Islanda, isole Faer Oer e Danimarca i paesi in cui il luteranesimo è religione di Stato. Nel panorama cattolico resistono piccole enclave (Malta, Liechtenstein, Monaco, Vaticano) e realtà più ampie (Costarica e soprattutto Argentina); la Chiesa ortodossa gode di simile status in Grecia mentre sono alcuni i paesi fra Africa e Medio Oriente a vedere l’Islam quale religione di stato: tutti i paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo e poi, Giordania, paesi del Golfo e Pakistan.