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«L’impatto dei conflitti sulle popolazioni civili in Iraq e in Siria è immenso, costringe quantità enormi di persone allo spostamento e causa traumi per la perdita dei propri cari, le violenze, anche sessuali, e gli abusi subiti».

Questa è la sintesi dello studio che il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) e la Norvegian Church Aid (Nca) hanno elaborato congiuntamente (come scrivevamo su Riforma.it lo scorso 29 novembre) per contribuire a una comprensione su quali siano le reali esigenze delle minoranze perseguitate in Siria e Iraq.

Studio che è stato presentato ufficialmente ieri, 13 dicembre, al pubblico e ai media, presso il Palazzo delle Nazioni a Ginevra e dal titolo «Le esigenze di protezione delle minoranze della Siria e dell’Iraq», finanziato dal Ministero degli Affari Esteri norvegese.

Un invito a tutti gli «attori» umanitari a «sintonizzarsi, coordinarsi e armonizzarsi» per far confluire gli sforzi in un’unica direzione e poter così garantire la necessaria assistenza per salvare la vita di migliaia di persone con soluzioni pertinenti e sostenibili e soprattutto con una visione a lungo termine.

Arne Sæverås, della Norvegian Church Aid (Nca), ha ricordato quanto alcune minoranze siano prese di mira a causa della loro identità: «l’intento è quello di fare una sorta di “pulizia etnica” proprio nelle aree dove le minoranze sono residenti», denunciando così una possibile «estinzione» di intere popolazioni se non si interverrà in tempi brevi. Un’estinzione che avverrà principalmente per via dell’assimilazione ad altri gruppi etnici o per la frammentazione in diaspore.

Le minoranze sono state considerate dai «fabbricanti di guerre» facili prede proprio perché «vulnerabili e non protette e dunque vittime prescelte per i sequestri di proprietà e di terre», Sæverås, aggiunge: «non è mai stata data la sufficiente protezione a questi gruppi e soprattutto nessuno ha mai voluto capire cosa realmente potesse servire loro».
Le minoranze religiose ed etniche «sono le prime vittime di questo disastro causato dall’uomo; le comunità più colpite in Iraq sono le comunità musulmane, cristiani e yazide», ha ricordato per parte sua P. Emanuel Youkhana, membro del programma di aiuti cristiani per il Nord dell’Iraq «tuttavia, sin dal primo giorno di questa crisi, le persone nutrono ancora grande speranza e si auspicano che questo disastro, prima o poi, possa giungere al termine per poter, così, un giorno, essere in grado di tornare nelle proprie case. Anche noi, cristiani, non perdiamo mai la speranza».

La sfida in futuro, per Youkhana, sarà proprio quella di «ricostruire la fiducia per ripristinare e far rivivere insieme il ricco mosaico religioso e etnico di quelle regioni, yazidi, Kakais e musulmani, caldei, assisri, curdi; il nostro compito è quello di salvaguardare questa ricca diversità in Iraq», il cui futuro oggi è fortemente messo in discussione.

«Siamo molto preoccupati per la sorte dei nostri fratelli cristiani, certamente, ma preoccupati anche per la sorte di tutte le minoranze», ha dichiarato il segretario generale Cec, Olav Fyske Tveit ricordando ancora che: «se ci sarà un futuro di salvezza per le minoranze in quelle zone così duramente martoriate, quel futuro di salvezza sarà per tutte».

Immagine: via oikoumene.org

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