Sulla tortura dobbiamo ricominciare da capo
05 dicembre 2016
Il premio di laurea Acat ci ricorda l'assenza di una legge in Italia
Dopo 70 anni di Repubblica e 32 dalla Convenzione contro la tortura delle Nazioni Unite, ratificata anche dal nostro paese, dopo molti casi in cui membri delle forze dell'ordine si sono macchiate di colpe contro i cittadini, continuiamo a essere in attesa di una legge che introduca il reato di tortura.
Il 7 dicembre l'associazione Acat, Azione dei Cristiani per l’Abolizione della Tortura, proporrà l'edizione 2016 del suo premio di laurea, ideato per creare consapevolezza sulla questione, soprattutto tra i giovani. «Sarà un'occasione per rilanciare sull'assenza della legge – dice Massimo Corti, presidente di Acat – ma anche per motivare i giovani: intervengono sempre classi liceali a questo premio, è un'occasione di formazione. Pensiamo che l'attività educativa sui liceali e sugli universitari sia qualcosa di molto importante, soprattutto per quei giovani che vivono di videogiochi in cui si ammazza facilmente, o di serie televisive nelle quali se il cattivo viene preso viene picchiato per farlo parlare è una pratica ordinaria. C'è dunque una banalizzazione del concetto di tortura che entra dentro l'animo dei giovani».
Interverranno personaggi delle istituzioni e della società civile impegnati in prima persona nella promozione e nella difesa dei diritti dell'umanità. L'incontro sarà moderato dal senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, e interverranno: Mauro Palma, Garante nazionale dei diritti delle persone detenute e già Presidente del Comitato Europeo per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa; Ersilia Grazia Spatafora, agente del Governo italiano presso la Corte Europea dei diritti umani; Patrizio Gonnella, Presidente di Antigone, Onlus per i diritti e le garanzie del sistema penale; Marta Bernardini, operatrice a Lampeusa dell’osservatorio sulle migrazioni Mediterranean Hope, progetto della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. Il premio è finanziato dall'Otto per mille della Chiesa Valdese.
Dopo il referendum ci saranno cambiamenti nella legislatura: sarà più facile o più difficile il percorso della legge sulla tortura?
«Sicuramente non ci sono orizzonti rosei. Questa legislatura ha fatto finta di fare qualcosa per non fare nulla. Nel 2015 alla Camera era stato approvato un testo deformato rispetto all'impostazione iniziale, che è poi stato fermo al Senato fino a luglio, quando si è deciso di non parlarne più. Con le modifiche si è tornati indietro alla definizione di “reiterati atti di violenza” che scatenò i problemi sotto il governo Berlusconi, con la Lega Nord che affermava che si tratta di tortura soltanto se è ripetuta. Ora stiamo tornando in questi gorghi e con la caduta del governo dobbiamo ricominciare da capo. Forse la situazione sarà addirittura peggiore di com’è stata finora. Anche se il governo non cadesse, saranno altri i problemi urgenti e non penso verrà data priorità a questa legge».
Molto spesso ci perdiamo nei tecnicismi parlando di tortura, ma dovrebbe essere diverso. La legge non si è fermata per motivi di principio, ma più pragmatici, è così?
«Nello specifico abbiamo avuto una forte azione di lobbying da parte del Siulp, il sindacato italiano dei lavoratori della Polizia di Stato, il quale ha anche pubblicato manifesti nei quali si affermava che con questa legge non avrebbero più potuto fare domande e interrogatori perché sarebbero subito stati accusati. Questa posizione lascia il tempo che trova, perché in altri paesi dove è presente una legge, la polizia svolge normalmente il suo lavoro. Il ministro degli Interni ha voluto reintrodurre la reiterazione, insieme alla proposta per cui la violenza psicologica dev'essere provata, ulteriore elemento che suscita qualche dubbio. Insomma, chi rema contro c'è».
Cos'ha di particolare l'edizione di quest'anno del premio?
«Un dialogo tra parti diverse: vorremmo mettere da una parte le istituzioni, rappresentate da Palma e Spatafora, e dall'altra la società civile, ovvero in questo caso Gonnella e Bernardini, per confrontarsi sul problema. In mezzo Luigi Manconi che è legato all'istituzione, essendo Presidente della Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani».