Le grandi praterie del Midwest statunitense non sono solo i pascoli rossi- colore del partito repubblicano – che hanno dato la vittoria presidenziale a Donald Trump. Ben prima dell’arrivo dell’uomo bianco quei territori erano le terre delle nazioni indiane che ancora oggi, dalle riserve in cui sono confinate, combattono per l’affermazione dei propri diritti. E’ quello che succede a Standing Rock, riserva Sioux del Nord Dakota, dove i nativi si sono mobilitati contro la costruzione di un oleodotto che attraverserà il fiume Missouri, mettendo a rischio le riserve di acqua potabile della zona. «La costruzione dell’oleodotto che non soltanto limiterà l’accesso all’acqua potabile alle comunità indigeni ma inquinerà anche il fiume Missouri, è una chiara violazione del diritto all’acqua», ha affermato Dinesh Suna, coordinatrice della rete ecumenica per l’acqua del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), che insieme a molti altri esponenti religiosi sta attivamente sostenendo la battaglia dei nativi americani.
L’appello a intervenire in difesa della gente di Standing Rock è stato lanciato da John Floberg, pastore della Chiesa episcopaliana, che ha invitato gli esponenti delle diverse comunità di fede a una tre giorni di solidarietà e protesta nella riserva. Hanno risposto oltre 500 leader religiosi che si sono ritrovati il 3 novembre scorso sulle rive del Missouri per incontrare gli anziani delle nazioni indiane, pregare insieme e protestare pacificamente. «Da quando ho lanciato il mio appello si sono verificati molti episodi di violenza ai quali certamente noi non vogliamo contribuire», ha detto Floberg. Di certo la reazione delle autorità alla protesta è stata «apertamente repressiva» con la polizia schierata in assetto antisommossa. Significativamente, i religiosi si sono recati anche presso il ponte di Blackwater dove lo scorso ottobre sono stati arrestati 141 manifestanti.
La costruzione dell’oleodotto, il cui nome ufficiale è Dakota Access Pipeline (Dapl), è stata affidata alla texana Energy Transfer e dovrebbe collegare dei siti estrattivi di petrolio nel Nord Dakota alle raffinerie dell’Illinois con un percorso di 1172 miglia. I sostenitori del Dapl ritengono che la sua costruzione porterebbe nuovi posti di lavoro, ridurrebbe il trasporto su ruota e rotaia e aiuterebbe a sostenere il fabbisogno energetico degli Stati Uniti. Secondo i nativi di Standing Rock, tuttavia, l’impatto ecologico del progetto avrebbe ripercussioni tanto pesanti da oscurare gli eventuali benefici. Oltre ai problemi relativi all’approvvigionamento dell’acqua, le imponenti tubature dovrebbero passare attraverso il Sundance Ground, un territorio sacro alle nazioni Sioux, Arikara, Mandan e Cheyenne settentrionale. «L’identità e la spiritualità delle popolazioni indigene sono strettamente legate alla terra e agli antenati. Il DAPL costituisce non solo una dissacrazione di luoghi sacri ma una violazione dei diritti dei nativi», ha commentato Katalina Tahaafe-Williams, responsabile esecutiva del programma per la missione e l’evangelizazzione del Cec, che ha proseguito: «Chiediamo alle autorità la fine di questo vergognoso abuso dei diritti della nazione Sioux di Standing Rock ai loro luoghi ancestrali e alle risorse naturali».
«La Giornata del 3 novembre è stata un successo che ci apre alla speranza, anche se in modo molto prudente», è il giudizio di Floberg. All’indomani di una campagna elettorale vinta anche sul disprezzo per le minoranze e sul ritorno più che mai alla centralità dei combustibili fossili, la protesta dei nativi di Standing Rock sembra tutta in salita.