Torino città dell’arte. La scorsa settimana il capoluogo piemontese ha visto tutta una serie di eventi ed esposizioni capaci di attrarre persone da mezza Europa, da tutta Italia, sicuramente ben oltre i confini regionali. A conferma di una tendenza avviata da oltre un decennio che vede il capoluogo piemontese luogo privilegiato per eventi culturali e artistici che diventano anche occasioni per mantenere viva l’economia della città.
«Artissima» e «Paratissima» hanno riscosso un indubbio successo, coinvolto la città che ha risposto, non solo visitando i siti delle esposizioni (oltre 50.000 visitatori per entrambi gli eventi), ma anche scendendo in piazza sabato nella «Notte dell’arte» con gallerie e locali aperti fino alla mezzanotte e oltre.
Artissima è l’arte che «conta», quella che passa attraverso i galleristi; Paratissima, giunta a sua volta alla dodicesima edizione, ha comunque radunato oltre 400 espositori e tantissime persone affascinate dal lavoro di ricerca degli espositori.
Nata come iniziativa davvero dal basso, nelle vetrine di San Salvario, Paratissima è poi stata convogliata al Moi e da 3 anni a Torino esposizioni. «È una sorta di salon des refusés – commenta Sebastiano Balbo, torinese di origine ma lusernese da 40 anni – a Paratissima arriva l’arte di “serie B”, ma c’è davvero un mondo che si appassiona a questa esposizione. Se Artissima è più “ingessata”, a Paratissima c’è più spontaneità, pur divisa in sezioni, dalla foto al design al fashion, compreso uno spazio dove si può mangiare insieme».
Balbo ha iniziato a realizzare opere oltre 30 anni fa, nel 1996 la sua prima esposizione, successivamente altri momenti e spazi; produrre arte, per cosa?
«Ovviamente per comunicare – esordisce Balbo –: è un’esigenza tua, a volte un’illusione, una speranza che possa addirittura diventare un “mestiere”, ma questa piega alla fine può condizionare pesantemente la libertà dell’ispirazione».
Comunicare pensieri, stati d’animo, modi di esprimere la propria esistenza; ma se l’altro guarda e non capisce?
«L’artista spesso è supponente e ritiene che sia l’altro a non capire; davvero uno dei problemi più grandi oggi è riuscire a rendere partecipi tutti, dall’esperto alla persona comune. Se nel ’900 si doveva stupire, fare la rivoluzione usando materiali strani, fare ciò che era proibito in nome della libertà, oggi davvero dobbiamo tornare al saper comunicare».
Balbo a Paratissima ha allestito il suo spazio con il titolo «Rinunce». «L’arte è sottrazione, rimozione dell’eccesso, rinuncia di qualcosa di cui non si sentirà la mancanza» sottolinea l’artista, che a Torino ha pubblicato un manifesto «del più e del meno» che ha certamente suscitato interesse. Dal più troviamo «C’è troppa Arte. Arte di ogni tipo: (...) arte della domenica, sgrammaticata, arte che “chissà se è arte”, arte di ritorno, arte che non arriva, arte che ripete, arte che si ripete, arte di chi è stato artista poi artigiano poi imprenditore, arte di chi non è niente, arte di chi vuole esprimersi, di chi ha qualcosa da dire e di chi non sa tacere, arte di chi tace per esibire un mistero. Così le opere ci assediano (...). Tutti parlano. Nessuno ascolta».
E dal meno leggiamo «produci il meno possibile, ovvero: produrre un’opera sola (o un solo pensiero) che sia sintesi del tuo tempo e passo seguente nella storia è sufficiente per fare di te un artista, produci quando è indispensabile farlo, molto è già detto da altri e nel modo migliore, (...) cerca l’Arte con tutto te stesso (dove sembra non esserci), prima di farla con le tue mani (poi magari astieniti), usa con discrezione le “formule acquisite”, non copiare, produci senso non stupore, rendi riconoscibile la tua anima, non la mano o la tua arte, aderisci a poche idee, mai ad un manifesto».